15 febbraio – Commissioni in_attese

Mi sono alzato verso le 7.30, così, per far vedere che volendo sono capace di comportarmi come si deve. Vorremmo andare a Mayami per iniziare i sopralluoghi relativi alle strutture in cui il Cumse è coinvolto qui al nord. Christian si ricorda che ha una bolletta da pagare. Non può proprio fare a meno di adempiere ai suoi doveri essendo scaduta 2 giorni fa. Non si capisce bene come si comporti l’amministrazione da queste parti. Nessuno sembra pressato dalle more e dai ritardi, in Africa un paio di giorni di posticipo per una bolletta sembrano la regola aurea. Ci saranno dei tempi di tolleranza molto più lunghi dei nostri probabilmente, sarebbe interessante informarsi un po’. Ci dirigiamo con il nostro amato Pick-up all’agenzia. Davanti alla porta d’ingresso si delinea una coda infinita di persone, assembrate malamente, al medesimo fine, liberarsi dalle obbligazioni. Il mio socio non ci pensa nemmeno a parcheggiare, preferisce attendere che la coda si snodi un po’, nel mentre ci facciamo un giro al vecchio porto della Benue.

Per arrivare alla meta si passa di fronte all’edificio del governatore, posto accanto alla sua stessa casa (anch’essa un palazzo enorme, bianco stagliato in mezzo al nulla), il palazzo di giustizia, la prigione di Garoua (difficile da visitare per un bianco perché gli agenti temono la denuncia della violazione dei diritti umani, il che spiega eloquentemente come possa essere l’ambiente all’interno della stessa) e, infine, il macello comunale.

Capisco di essere in procinto dell’attracco quando inizio a scorgere vecchi capannoni di stoccaggio semi dismessi. La Benue ci si para davanti qualche metro più in là. Dei ragazzi stanno facendo il bagno nel grande fiume verde. Una grossa barca da carico costeggia la sponda destra del fiume. Il Camerun e la Nigeria hanno ottimi rapporti commerciali. Quest’ultimo paese vanta un importante sviluppo economico e dunque demografico. In cambio di derrate alimentari come mais, orzo, miglio e quant’altro dal paese limitrofo, questo importa prodotti di elettronica cinesi ed europei.
Vorrei tanto attraversare il fiume su un’imbarcazione simile per fare un giretto oltre i confini, i cittadini camerunensi possono tranquillamente passare la dogana, per me invece, sprovvisto di convenzioni e visti, diventerebbe un tantino più complicato. Se ne avrò l’occasione chiederò all’ambasciata italiana qualche dritta per la realizzazione delle mie follie. Già mi vedo con il pranzo al sacco e la mia chitarra mentre, per non morire stuprato dalla ciurma, intrattengo i marinai con un Blues. Che storia!

Torniamo sui nostri passi, Christian parcheggia la “Ferrari” sotto ad un albero e si mette in fila. Io resto in macchina a bruciare la prima metà della connessione a mia disposizione. Dopo circa 1 ora e mezza riusciamo a cavarcela. Prossima meta, centro città. C’è da andare al mercato per acquistare dei cavi e delle lampadine.
Ci fermiamo di strada al negozio dell’auan (capo villaggio) di Mayamì. Il numero uno della comunità è gentile e disponibile, ricorda bene ciò che il Cumse ed il dottor Roberto hanno fatto per il bene della società e del suo popolo, avrà piacere di scortarci domani mattina nella sua zona per mostrarci tutto ciò che ci occorre conoscere.
In pratica, pur essendo una pillola ben indorata, il succo del discorso resta uno solo: a Mayamì oggi non ci si arriva.
C’è un negozio MTN (operatole telefonico locale) proprio nei paraggi così, provvisto di mascherina e mani pulite, posso rinnovare il mio abbonamento internet mensile. Tradotto: 30 minuti per fare la ricarica. Non ho assolutamente fretta, se ne avessi probabilmente finirei internato quindi, meglio così.
Un approccio elastico è indispensabile. Risalgo in auto e il mio fido scudiero si azzarda ad immettersi in una viuzzola poco più larga dello spessore del nostro mezzo. Andare al mercato in auto non è semplice, mi spiega. Noto in silenzio che ha ben ragione di poterlo dire. Manovre sconsiderate, colpi di clacson, svolte improbabili, pericolo di incidenti con ovini e bovini. Parcheggiamo davanti ad un negozio di tessuti. Acquistate le lampade, avanziamo ancora di qualche metro per comprare i cavi necessari all’istallazione. Spariamo un paio di freddure con il personale del negozio che, a quanto pare, è amico del mio pilota, dopodiché si riparte. Obiettivo: trovare una chitarra. Il negoziante parte “uscendo” uno strumento elettrico. Non ci siamo. Passiamo alle acustiche.
Me ne mostra due. Una per bambini, cinese, con il manico piegato ad U. L’altra è della giusta taglia, verde speranza con un adesivo a forma di corona dorata proprio nel centro. Il bizzarro ornamento reca scritto: “Prime”. Made in China, ovviamente, insuonabile. La accordo, strimpello su richiesta del negoziante. Chiedo se ne hanno una classica. Negativo ma se dovesse arrivare in negozio mi chiameranno.
Il proprietario vorrebbe scordarla nuovamente per evitare che il manico si storti, vorrei rispondergli: tranquillo peggio di così non può andare.

Sto per aprire bocca quando, girando la chiave della paletta in senso opposto, il nostro brillante commerciante spezza il mio cantino nuovo di pacca.
Taccio, è meglio. Ci congediamo con il suo biglietto da visita tra le mani. Un segno di rispetto, non che io abbia davvero intenzione di chiamarlo, sia chiaro.
Christian mi dice che, volendo, da Ngaundéré potrei risalire un paio di notti ancora da queste parti per provarla. Due giorni di viaggio per strimpellare? Beh, visti gli impegni in agenda, forse posso permettermelo, acconsento.

Rientrati a casa c’è da rimboccarsi le maniche. Chri smonta i neon in garage, io guardo. Marlise ci chiama per il pranzo. Patate, polpette, insalata verde,
carote, barbabietole, sardine, Insomma, di fame non si muore nemmeno oggi.
Terminata la gustosa libagione riprendiamo a trafficare. L’improvvisato capo cantiere mi avvisa di voler installare un’ulteriore lampadina che illumini il lato sinistro del giardino. C’è da attaccare un cavo, la scala non sta bene in equilibrio, meglio usare un combo: tavolino più sedia, TAC! Cerco di rendermi utile, pur essendo per lo più spettatore non pagante e sbadigliante.
Christian pianta un piccolo chiodo nel legno della tettoia della casa del guardiano, il pezzo si crepa. In paesi come questo, avendo a che fare con costruzioni abbastanza fatiscenti, martellare un chiodo può significare: scoprire che il tetto è da rifare poiché la legna è marcia. Ora comprendo bene il motivo per cui “darsi da fare” non è cosa ben vista quaggiù. Se i camerunensi fossero pigri 3/4 di quanto lo sono io, si rifiuterebbero di muovere le palpebre pur di non rischiare di trovarsi per le mani gatte da pelare a sorpresa. Comprensibilissimo!
“Incrociamo le dita fratello!”. L’energumeno preme l’interruttore: le luci si accendono all’unisono, evvai!

Già che siamo in vena di fatica mi offro volontario per dare una pulita al salottino da giardino, completamente abbandonato ed impolverato nel retro del garage.
Alla fine dell’intervento, il mio compare getta secchiate d’acqua sull’arredo, et voilà! Sono le 16.30, ho bisogno di una doccia e di cambiare camicia.
Mentre sorseggio fresco e pulito un bicchiere di succo naturale al limone, Marlise mi domanda cosa desidero per cena. Andrei sul leggero.
Couscous? Il bello è che me lo chiede pure, io lo adoro. “Ok allora vado al mercato a comprarlo!”. Chiaramente non avevo alcuna intenzione di disturbare tanto, né di spedirla in avanscoperta per soddisfare le mie voglie capricciose. La generosità e la gioia con cui questa donna fa il suo lavoro e si mette al mio servizio è imbarazzante. Capisco che ci tenga, ma c’è qualcosa di più. E’ proprio insito nel suo carattere, si comporterebbe allo stesso modo anche se fossi un semplice ospite e mi trovassi a casa sua. E’ questione di valori, se l’ospitalità è sacra per davvero, la condotta non può essere altrimenti.
Esigo contribuire alla cena. Apparecchio e mi occupo di riscaldare le polpettine avanzate per pranzo.
Chiamo Christian: “ti comunico con gioia che la cena è pronta!”. Arriviamo in sala… Ops! Ho dimenticato di mettere i piatti in tavola, sapete com’è, ormai sono convinto di poter mangiare nel vassoio comune con le mani, chi ci pensa più alle stoviglie. Sto dipingendo di nero la mia forma mentis.
Poche balle, sono un bigolo. Quantomeno suscito la risata generale dei due adulti, Marlise commenta: “talmente tanta era la gioia di cenare che si è dimenticato i piatti!”
Ci ha preso abbastanza in pieno, sono proprio così. Il precipitoso entusiasmo spesso e volentieri mi fa commettere errori madornali di cui, per giunta, nemmeno
mi pento. L’argomento di discussione al desco serale è, oltre alla squisitezza del cibo ben espressa dal mio religioso silenzio e dalla mia bocca sempre piena, l’evoluzione del Covid 19 in Europa e le possibili critiche insinuabili riguardo alla gestione dei governi mondiali.
Voli pindarici e ragionamenti barocchi ci portano sempre e solo alla medesima conclusione: non ci resta che aspettare e vedere cosa accade.

Ormai a questa frustrazione, a questo senso di impotenza ci siamo abituati, per non dire arresi, Il che rappresenta probabilmente la cosa più triste di tutta la faccenda. Com’era il detto? A pancia piena si ragiona meglio? Sarà… ma è anche vero che la notte porta consiglio!

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