13 gennaio – Darci un taglio

Mi sono svegliato alle 6 in largo anticipo per andare a trovare le ragazze.

Menzogna, non so cosa diamine sia successo ma alle 6.32 ero ancora a letto. Non ce la posso fare!
Corro verso la grande casa rosa e le trovo già in procinto di uscire. Sono un po’ deluse dal pacco tirato loro a colazione ma mi perdonano. Aisha addirittura ha un regalo per me: arachidi caramellate! Quanto le amo…le noccioline intendo!

A scuola ci facciamo un mega selfie: così, perché ci va. Chiacchieriamo davanti alle classi fino al secondo prima che inizi la lezione. Inizio ad apprezzare le levatacce, per 15 minuti al giorno mi sembra di essere tornato al liceo.
Poi loro entrano e io torno alla realtà. Godyene ha deciso che è il giorno delle pulizie. Mi cambia le lenzuola, rivolta la stanza, lava i panni. Appena prima di lasciarla entrare in bagno la avviso chiedendo di risparmiare una piccola ranocchietta arancione casomai la trovasse. Dovrebbe essere nascosta dietro al water.

Niente di Molly, a detta sua, nessuna nuova. Jacob bussa sul retro, lo trovo con una cucina in mano, questa ha il forno, così in quattro e quattrotto fa scomparire il tavolino di legno e  i fornelli sostituendoli con il nuovissimo arredo. La procedura richiede la chiusura della valvola della bombola di gas, per quanto Jacob sia competente, la cosa mi fa sudare freddo. Tremenda inquietudine!

Già immagino la casa saltare per aria. Mi allontano dalla scena, spero che sedermi sul divano dall’altra parte della stanza mi salvi la pellaccia: dubito fortemente. Verso le dieci, Claris e Conrad (mio futuro compagno di ufficio)  si presentano all’uscio con un avocado in mano. Accetto il dono di buon grado e li invito ad accomodarsi.

Oggi mi piovono cose dal cielo. Conrad vorrebbe parlarmi del progetto riguardante la costruzione del liceo. Ha già messo giù i primi rudimenti e una  bozza in inglese di almeno quattro pagine. Ci mancano alcuni elementi fondamentali da conoscere, ma la maggior parte delle priorità siamo già in grado di trascriverle materialmente su carta. E’ un buon inizio.

Ci spostiamo in ufficio, luogo in cui possiamo confrontarci anche con Sophie. Conrad d’improvviso estrae una bottiglia di coca-cola piena di “croquette” ovvero dei cosini cilindrici infilati meticolosamente all’interno del contenitore. Vorrei assaggiarli. Basta chiedere! Sono come dei piccoli grissini dal sapore magicamente sia dolce che salato. Conrad mi spiega che vengono “imbottigliati” proprio per far si che diventi faticoso estrarli, altrimenti si finiscono in tempo zero.

Per la stessa ragione si effettua la procedura dell’imbottigliamento anche con la frutta secca. L’idea è, a mio avviso, tanto geniale quanto capace di esprimere la cultura del paese. I cibi gustosi vengono conservati in modo da non essere consumati troppo rapidamente. E’ bene che durino per un po’ in modo da poterli apprezzare nelle occasioni meritevoli di cerimonia.

Suor Nicole mi ha accordato il permesso di scendere in città’ nel pomeriggio. Devo raccogliere un po’ di informazioni per il Cumse e in più vorrei smarcare un paio di questioni: 1) tagliarmi i capelli. 2) comprare un pallone.

Dopo pranzo  sono serenamente libero da ogni preoccupazione. Ben riposato e sazio mi avvio verso l’ufficio.
Nella direzione opposta incontro Manassè. Vorrei tanto che venisse con noi in città: accetta volentieri.
Io, Conrad e quest’ultimo montiamo in auto.

Stavolta a guidare c’è Mohamed, vorrei potervi dire “per fortuna!“, ma malauguratamente anche lui inizia a parlare male dei cani che attraversano la strada in quanto selvaggi, pericolosi ed inutili. Cerco di spiegare che non sono proprio abituato a vederla così ma che posso certamente fare del mio meglio per comprendere il suo punto di vista. Non c’è santo che tenga, molto meglio tacere a riguardo!

Iniziamo a girovagare per banche chiedendo a destra ed a manca le informazioni che mi interessano. Pazientemente Conrad e Manassè mi seguono e fungono da interpreti. Nessun risultato. Pare proprio che il nostro sia stato un buco nell’acqua. Vorrei almeno tagliarmi i capelli, con questa ricrescita laterale da vecchio non ci resisto più! Odio andare a letto con la testa umida.
I miei compagni di gita sono scettici a riguardo. Pensano che con meno capelli in testa possa apparire peggio di così. Ingenui. Non sanno quanto sia illusoria una buona sfumatura fatta ad arte.

Sulla strada incrociamo Larissa che torna da scuola. Ha voglia e tempo per aspettarci e così in cambio le offriamo un passaggio in auto. Varco la soglia del minuscolo salone. I pavimenti sono in marmo grigio e bianco striato. Le tre sedie da barbiere in pelle nera sono disposte l’una accanto all’altra. Sul fondo una sola postazione di lavaggio occupa l’ultimo angolo rimasto libero. Piroettano tra le ciocche due baldi giovani; fisicati e ben vestiti. Pantalone nero e camicia rigorosamente iper-colorata. Sandalo in cuoio obbligatorio.

Entriamo tutti e quattro in fila. I capelli li devo tagliare solo io, ma da megalomane volevo che ci fosse un po’ di pubblico. Patrice (così si chiama il ragazzo addetto al mio scalpo) mi chiede di attendere. Finisce un signore e poi mi tosa. Conrad è sempre più scettico. “Voglio proprio vedere come ne esci!”. Manassè invece, nella sua figura alta e snella, sembra uscito dal film del “Mago di Oz”.
Nell’attesa è andato a comprare due scope per suor Nicole, se ne sta seduto con gli attrezzi in mano, il peso della testa incurva un po’ il collo, somiglia ad uno spaventapasseri stanco, ride sotto i baffi nel sentire i commenti di Conrad. Larisse mi scruta la pelata incuriosita.

E’ il mio turno. “Allora li vorrei corti corti dietro, proprio a zero, e un po’ più lunghi, ma poco, di sopra”. Patrice mette in carica un rasoi da barba con le testine mobili, attacca la macchinetta e comincia a zigzagare sul mio cranio. Il rumore ripetuto del minuscolo motore elettrico mi rilassa tremendamente, da bambino i parrucchieri con me rischiavano sempre di andare storti perché dopo un po’ mi abbioccavo tirando giù la testa di colpo. Ricordo le ghignate di mio padre nel vedermi pisolare sotto le mani di questi artisti incompresi.

Sono quasi sul punto di piombare quando il nostro “Edward mani di forbici” versione noir afferra il rasoio da barba e comincia a assestarmi dei colpetti verticali dal basso verso l’alto a livello delle basette. Mai vista nè usata una tecnica simile, eppure pare efficace!
Pian pianino la faccia di Conrad muta dallo stupore. “Non lo avrei mai detto, ma stai molto meglio così!” VITTORIA!

Larissa accenna in italiano un: “Valeryo tu è tres bellissimo!”. Linfa vitale per la mia proverbiale vanità.
Patrice mi invita a seguirlo verso l’angolo lavaggio. Mi avvisa: sta per usare un panno caldo. La morbida sensazione della stoffa bollente, vaporosa, soffice mi accarezza il viso. La mano del barbiere è severa, per poco non mi sloga la mascella, poi torna su, mi stacca il naso, scende ancora dietro le orecchie, scrubbing involontario. Addio punti neri, caso mai ne avessi avuti.

Poi shampoo con acqua calda, questa sconosciuta, è da un mese che vado di docce fredde.
Sogno o son desto? Altro che radersi, questo trattamento è un tonico pazzesco. Mi asciuga nel tentativo di staccarmi la testa dal collo. Una lucidata vigorosa.
Ritorno sulla poltrona e mi cosparge la zucca con un unguento profumato. L’aroma mi avvolge come un’aureola per poi riempirmi le narici di un odore fresco e che sa di pulito. Come si dice a Roma: “sto na crema!”.

Ma si sa, c’è un tempo per ridere e uno per piangere. Mi tocca pagare: “quant’è?” La timidezza traspare dalla mia voce come a dire: “si sono bianco ma andateci piano!”. “1000 Cfa”. Faccio due calcoli: 1 euro e 50 circa! La prossima volta faccio completo come il Kebab, barba e capelli! Propongo un selfie celebrativo per commemorare il mio primo taglio africano.

Chiedo all’autista se per caso sia possibile fermarci a comprare una palla. Avrei dovuto pensarci nell’attesa dal parrucchiere. Ha ragione. Manassè si è offerto di effettuare l’acquisto domani. Prevedo partitelle clandestine.

Morale su 3 cose che dovevo fare, ne ho risolte la metà. Tutto nel modesto periodo di 3 ore.

Ebbene sì, anche oggi, senza capire bene ne cosa ne come, abbiamo dato!

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