26 dicembre – Peli
Mi sono alzato verso le 8 con ancora addosso l’appiccicume del sudore e delle birre di ieri pomeriggio. Una doccia era NECESSARIA oltre che doverosa. La vita prende una piega tutta diversa dopo.
Caccio la testa fuori dalla porta e la mia presenza attira subito l’attenzione di alcuni dei miei nuovi amichetti. A dir il vero anche il pianto di Brenda attira la mia. Mi siedo sulla veranda, estraggo un fazzoletto e la invito a sedersi vicino a me.
Ha delle treccine meravigliose, non resisto e col mio francese le dico qualcosa tipo: “Brenda se avessi i capelli, vorrei proprio delle treccine come le tue, tutte nere, belle!” Già mi vedo al campetto di via Diaz nel canturino a giocare a basket sfoggiando una capigliatura afro degna dei fortissimi dominicani assidui frequentatori del luogo. Purtroppo resterà solo una fantasia. Almeno Brenda si è fatta una risata e mi passa la mano sulla testa per controllare se è proprio vero che sulla zucca da Nassara che mi ritrovo non ce ne siano (più). Dice che non fa niente, che va bene così.
Dopodiché si accorge però che sulle braccia o sulle mani ho tanti altri capelli. Nicolà nel mentre, con a seguito Num, Dudu e Yves, ha raggiunto la sorella e mi si è seduto accanto. Dudu mi sale in spalletta. Brenda mi si sdraia in braccio, Yves si siede sul lato opposto.
Num è impossibile tenerlo d’occhio, comincia a fare una serie di disastri.
Brenda è sempre più curiosa riguardo alla questione “capelli sulle braccia” e così lo fa notare anche agli altri.
Sono certo a quel punto di aver detto in corretto francese: “Si ragazzi, ho peli un po’ su tutto il corpo”. A nulla è valso il mio sforzo grammaticale sulla loro curiosità. Chi mi tira su le maniche, Dudu dall’alto mi infila le braccia nel collo della camicia per controllare la schiena. Yves con Num tentano di togliermi i calzini. Nicolà (che non a caso è il mio preferito) li guarda stupiti, lui il concetto l’ha capito e invece di cercare in giro comincia ad accarezzarmi il braccio dicendo che sono molto liscio. Per la prima volta la genetica normanno-meridionale desta interesse anziché disgusto.
Tutta questa attenzione non mi dispiacerebbe se non fosse che i bambini mi hanno completamente assediato. Ripeto per l’ennesima volta che sono proprio fatto così, li ho persino in faccia, ovunque tranne che in testa.
La mia frustrazione viene calcata dalle correzioni subitanee di tutti: “Quelli sulla faccia si chiamano barba!” Come dar loro torto?
I bimbi mi riprendono sulle pronunce scorrette, mi usano come trampolino, sedia o letto. Il sole batte forte, fa caldino. Num avvicina la sedia al tavolo, si arrampica prima su questa per poi salire in piedi sul tavolino di plastica verde, mi guarda con dispetto, salta nuovamente sulla sedia. Quei 4 capelli rimasti li ho persi senz’altro oggi. Lui sta benone, io un po’ meno. Lo sollevo di peso, lo faccio roteare un po’ e quando sembra calmo, fiiuuuum, ecco che mi sgattaiola dalle braccia, corre verso l’altra sedia di legno e la spinge giù dalla veranda. Poi prende il coperchio del bidone dell’acqua e via, giù dalla veranda.
Si toglie le scarpe e, indovinate un po’? Giù dalla veranda. Insomma è tutto un lanciare cose. In francese dopo un po’ gli dico:”Num, ma è sempre la stessa storia, cosa lanci le robe a fare?” (aggiungo in italiano per la disperazione).
Ero quasi sull’orlo del baratro quando si sente un rumore, come un tonfo.
Gli dei hanno gettato un’occhiata pietosa e benevola in mio soccorso. A meno di un metro dalla veranda cresce, tra gli altri, un magnifico e rigoglioso albero di avocado. Un frutto maturo è caduto proprio in mio aiuto. Così a gratis. Indico ai piccoli il prezioso bottino. Num recupera il cucchiaio che, puntualmente, aveva scagliato poco prima giù dalla veranda. Nicolà recupera il frutto. Alois, vista la scena da lontano, si avvicina goloso per aggiungersi al gruppo.
Incomincia una specie di lotta per la divisione delle porzioni. Spiego chiaramente (o quasi) che desidero che tutti ne abbiano un po’. Alois si offre di piantare il nocciolo dicendomi che così ne crescerà un altro presto. Gli do carta bianca, non so più se sto per esaurire la pazienza o le forze.
La pausa merenda non fa altro che rinvigorire le energie delle piccole pesti. Num si rifugia sotto il tavolo e comincia a togliersi i pantaloni, Brenda mi sale in braccio, Dudu geloso mi sale in spalletta, Nicolà con calma mi chiede un foglio e una penna rossa di cui, al momento, sono sprovvisto.
Dopo un cinque minuti buoni di pianti, mentre riesco per miracolo a scollarmi Brenda e Dudu di dosso, Num fa capire con un’eliccotterata degna di Magic Mike che deve fare la pipì, nel mentre anche i pantaloni…esatto, giù dalla veranda. Guardo Nicolà che ha 6 anni ma è l’unico adulto presente ai miei occhi e lo supplico di aiutarlo a fare pipì. No problem, Nicolà porta Num sul bordo e il piccolo tranquillamente svuota il serbatoio, per coerenza massima, giù dalla veranda. Di questo passo non ho idea di cosa mi possa crescere davanti casa oltre all’albero di avocado appena piantato.
Godyene giunge per preparare il pranzo. Lascia la piccola Soumaya sulla soglia e mi abbandona. Io che speravo facesse qualcosa, macché lei giustamente ha ben altro a cui pensare. Soumaya osserva divertita la mia disperazione e poi magicamente interagisce con me e con Num. Qualcuno ha fatto saltar fuori una macchinina rossa. Non so bene da dove ma sono lieto dell’evento. Num finalmente si focalizza su qualcosa che non ha voglia di lanciare dalla veranda. Sono salvo. PIA ILLUSIONE.
Brenda inizia a litigare pesante con Dudu che la mena, o risponde alle botte, non ho capito. Basta. Tenete presente che son passate quasi tre ore, mi alzo in piedi, rimetto i pantaloni a Num e dico ai ragazzi che ci vediamo domani, per oggi ne ho abbastanza via, sparire, la violenza non è tollerata, altrimenti finisce che butto io qualcosa o QUALCUNO giù dalla veranda! Inizio a capire Num, faccio progressi. Mi scuso con Nicolà che comprende chiaramente più di tutti la situazione, anche più di me.
Domani gli regalo una penna rossa da panico. Io e Soumaya rientriamo in soggiorno, Godyene mette sul portatile dei cartoni animati a tema giungla, ottimi per i principianti di francese come me. Mentre mi gusto del cocco fresco Soumaya si diverte a mangiare un’arancia appena sbucciata dalle sante mani della nostra beniamina.
Io non ne ho quasi più, la mia nuova compagna di classe (2 anni scarsi) si sdraia sul tappetto e si abbandona ad un sonno profondo.
Quelle tre ore sono durate una vita. Dopo essermi sbranato il pranzo non ho fatto praticamente nulla se non studiacchiare il mio frasario di francese. Suor Nicole è venuta a trovarmi verso le 18 spiegandomi che qui è uso riposare il 26 dicembre. Sul serio? Non mi pare!
In ogni caso mi fido di Suor Nicole. Domani è domenica e si starà nuovamente TUTTI insieme. Posso farcela! Posso? Speriamo!