29 dicembre – Il cammello e la cruna
Ribaltamento di prospettiva. Se ieri mi lamentavo di non aver quasi avuto nulla da scrivere per un giorno intero, oggi mi lamento per non aver avuto ancora il tempo di farlo. Usare l’ordine cronologico mi aiuta a non dimenticare gli eventi.
Punto primo, messa di padre Alois. Non posso pronunciarmi oltre, sarebbe come sparare sulla croce rossa. Anzi, vi dirò, oggi siamo stati al di sotto dei 60 minuti. 46 per essere precisi. Li ho contati! Che abbia intuito l’antifona? SPEREM.
Secondo: c’è acqua. O meglio, c’era sta mattina. DOCCIA.
Mentre mi lavo Godyene, in via del tutto innocente, mi chiama dal soggiorno rovinando questo momento idilliaco. Mi cambio al volo. Data la nostra chiacchierata di ieri, vuole sapere cosa dovrà comprare al mercato. Lista della spesa, fatto.
Un bel bicchiere di succo strano alla vitamina D e poi veranda. Tutti i bimbi mi chiamano per nome, Valeryo di qua, Vale facci una foto di là, persino Soumaya, con mia grande soddisfazione, mi chiama con un poderoso “VAEIOOOO“. Ha tolto qualche consonante, come si dice “in genio sintesi”. Mentre fingo di studiare accrescendo il volume del mio ego alimentato dalle carinerie dei bimbi sperduti mi viene in mente la RICETTA che suor Nicole mi ha consigliato il giorno prima. Avocado, caffè e zucchero. Inizio un procedimento complicatissimo.
Faccio bollire due litri d’acqua. Ne uso un po’ per lavare l’avocado (cosa inutile perché si mangia la polpa senza bisogno di sbucciarlo). Una parte la verso nella macchinetta del caffè, con l’altra ci faccio infuso di artemisia. Prendo una scodellina e comincio a mescolare. Assaggio. Il sapore mi sembra familiare…aspè, sa di CASTAGNA? Sa di castagna giuro.
Suor Nicole entra in casa mentre sono in piedi in soggiorno con la scodella in mano e la faccia contrariata dal disappunto. Mi chiedo come sia possibile. La suora è ansiosa di sapere che ne penso. “Sa di castagna!”. Ride. Forse le piacciono le castagne. BOH.
Mi chiede aiuto, deve sistemare una reliquia. No scusa, non credo di aver capito. Ho capito benissimo. La mitra originale del vescovo Yves Plumey è sotto la sua custodia e ora dev’essere portata nella famosa casa in cui ha vissuto i suoi ultimi anni, prima di essere ucciso, vi ricordate? (chi dimentica è complice), che diventerà luogo di pellegrinaggio per i fedeli.
Il bastone è in ottone, sulla sommità ha una madonnina intagliata in avorio. A mo’ di aureola, stelline anch’esse in avorio. Pietre preziose contornano il tutto. Un’enorme ametista troneggia alla base della madonnina.
Suor Nicole mi dice che questa pietra era una reliquia incastonata poi nella mitra . Il nostro Yves è candidato al titolo
di Beato se non ho capito male. Mi chiede di afferrarla per un po’. Dopo 26 messe adesso anche la mitra. Finisce che mi candido per il pontificato. Non è una cosa da tutti i giorni comunque, poche balle, ho gongolato un paio di minuti.
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Saluto suor Nicole e mi immergo in strane fantasie di me su un trono di pelli di leopardo attorniato da decine di mogli con lo scettro sacro in mano. Fortunatamente questa serie di pirlate viene interrotta da Godyene. Ha comprato tutto, perfino il sapone per il bucato, ago e filo.
Tutto bene finchè, aperta la porta del bagno di camera mia scorgo una blatta, o meglio una MENDE, grande come un palmo di mano. Con maschile virilità vado in soggiorno, afferro l’infradito e…. chiamo Godyene. “Ho visto una MENDE!”, ride. Per dimostrarle la mia sincera intenzione di diventare un vero Camerunense la avverto “Guarda cosa ti combino!” Afferro l’insetticida e mi dirigo verso il bagno.
La guardo. Mi fa schifo. Raga oggettivamente è un animale schifoso. Può nutrirsi delle sue feci, se entra in contatto col cibo può causare problemi seri ad un bianco. Se ti morde ti vengono febbre e malanni, insomma è una maledetto inutile (in realtà non morde).
Ci ripenso, mi viene in mente mia madre “Portati i guanti monouso”. Li ho portati, me li metto, tutti i sicari professionisti lo fanno, chi sono io per esentarmi? Guardo l’infradito, penso che dopo mi farà
schifo perché avrà tutto il sangue di quella roba sulla suola. Parto con lo spray, nascondendo metà del mio corpo dietro la porta in modo pavido e vergognoso.
La schifida Comincia a girare in tondo a caso cercando di arrampicarsi sul muro, ma la dannata bestia ha mangiato troppa cacca, è pesante, non riesce a salire. Galeotta fu la gola.
Colpisco di ciabatta, una botta che si è sentita fino a Ngaounderé.
Oh nonostante tutto ha avuto il coraggio di muovere la zampa. A mali estremi…
Forse ispirato dalla mitra, forse dai maestri Jedi, afferro lo spazzolino del bagno. Non c’è più stato niente da fare.
La MENDE non ha avuto chance. L’afferro con i guanti e la mostro a Godyene che non fa una piega.
Ma come? Non vedi che è enorme? Tutto regolare, normale amministrazione. Ci vuole coraggio in Africa. Io ho paura di sti cosi, le spiego che se me lo ritrovassi di notte nel letto non sarei proprio super sereno. Ride.
Scagliato l’ospite indesiderato nella savana, penso che l’adrenalina abbia risvegliato quel boys scout che non sono mai stato da bambino e così decido di rammendarmi i calzini. Prendo un accendino per disinfettare l’ago, non sia mai che mi punga e faccia la fine della bella addormentata nella savana. Noi codardi pensiamo a tutto. Brucio il capo del filo per far si che riesca più agevole infilarlo nella cruna dell’ago. In mezzo a tutta questa sacralità ormai penso solo per parabole. Com’era la storia del cammello che passava nella cruna dell’ago? Ve la ricordate? È più facile che un cammello passi nella cruna di un ago che il filo di Valeryo?
Non mi viene in mente, sto li a scervellarmi e intanto senza accorgermene ingarbuglio tutto. Ma proprio tutto. Penso di aver inventato un nuovo nodo.
Rasento la blasfemia, non riesco a sbrogliarlo. Fortuna che da bambino ho visto tutti i Rambo. Se non riesci a risolvere un problema, DAGLI FUOCO.
Impugno l’accendino e brucio un metro di filo. 100% poliestere, ho una bombola di gas in cucina, non riusciamo a comprare qualcosa di meno infiammabile, mi chiedo? Made in China. Mi arrendo.
Riesco a liberare l’ago dal filo, tutto meno che il minuscolo nodino nell’asola. Prendo un altro ago e, con una certa
fatica, snodo la matassa. Riprovo. Ci riesco. Comincio a rammendare, piano piano ecco che compare un coso nero a palla al posto del buco, non è il massimo, concludo l’opera e provo la calza.
Oh raga, pare che tenga e non è manco scomoda. Calzino numero due. Inserisco il filo nell’ago, a sto giro, con una certa agilità. Comincio a rammendare e anche qui l’aspetto estetico lascia un po’ a desiderare. Lo provo. Perfetto. Tronfio di questo successo, no niente, son pigro come prima e quindi non ho minimamente voglia di cercare la parabola dell’ago e del cammello. Qualche volontario che si offre per un riassunto?
Il mio corso da “allegra massaia” è solo all’inizio, ma io punto a diventare il primo della classe e così passo la scopa in camera mia. Penso di essermi meritato un bel bicchiere di succo di zenzero e limone sulla veranda.
Mentre sorseggio Etienne passa a salutarmi. Lui è falegname e io non ho un armadio. Destino?
Gli chiedo un preventivo per un paio di mobili, poi vorrei rifare la staccionata e magari una cuccia per i cani visto che ce ne sono tanti in giro.
Parla che ti riparla la butto lì: “Vuoi una birra? C’ho una 33 (marca Camerunense) in frigo”. Non è uomo da rifiutare. Gli racconto della mende (blatta), lui mi parla dei campi che andremo a visitare presto e i cui, insieme, lavoreremo.
Il sole inizia a tramontare, se gli commissiono gli armadi la cuccia per il cane me la fa gratis.
Una buona stretta di mano basta e avanza per ora, ne riparleremo…