28 dicembre – Il mio 4 luglio
Oggi è stata una giornata particolare. Sarò sincero, per un momento ho temuto di non avere argomenti da digitare.
Vi dirò, niente scorribande motociclistiche e nemmeno strane parole nuove. Eppure finora questo è il giorno più sorprendente che abbia vissuto nella piccola Marza. Ma andiamo a ritroso.
Mi sono alzato alle 7.00 in ANSIA perchè la sera prima avevo esaurito IL giga a mia disposizione e quindi non avevo avuto la possibilità di caricare la pagina del blog (cosa che, da buon abitudinario, faccio prima di coricarmi). Sballare la routine mi inquieta. E’ tutto nuovo, ho bisogno della mia piccola stabilità.
Dopodichè ho ribaltato il materasso, al centro del quale in una settimana si è già creata una fossa con la forma del mio corpo (non vi dico la comodità) e ho messo le lenzuola pulite. Qui finisce che divento grande per davvero. A casa le cambio una volta al mese (ops, forse questo non dovevo dirvelo).
Non c’è acqua, sognavo di lavarmi ma si deve attendere, spero di farcela entro domani.
Ore 9: lezione di francese con Edit, una ragazzina di 13 anni la cui mente, mi dice suor Nicole, è predisposta allo studio. Infatti nell’arco di mezz’ora mi asfalta completamente con la sua precisione prettamente femminile e la sua pronuncia perfetta. Non è affatto arrogante però, è gentile e pacata, così io inizio a prenderci gusto e niente, ci siamo sparati due ore di grammatica francese no stop. Domani la seconda puntata, ma alziamo il tiro, al posto di Edit verrà il suo maestro. Mi tremano le gambe al solo pensiero.
Sotto al sole dell’equatore due ore di francese pesano parecchio, decido così di prendermi una pausa giocando con Soumaya (meno di 2 anni) e Consulate (8 anni?).
Le piccoline mi hanno impacchettato e messo via per benino. Alle 12.15 non ci vedo più dalla fame, ma nulla mi rassicura di più della musicalità dello spentolare di Godyene, la cui opera è impressionante: spezzatino di manzo, patate, zuppa di manioca e amaranto, un bel bicchiere di succo energizzante fatto al momento con
zenzero e limone, dulic fresco e papaya. Ammetto di aver destinato la papaya per la merenda. Sarà il caldo, sarà la SCIATICA che così, per la prima volta in vita mia, ha deciso di manifestarsi proprio qui in Africa, sarà il non veder scorrere nulla dai rubinetti aperti, sarà quel che sarà, fiacco mi distendo a letto con lo stesso piglio di un orso pronto per il letargo.
Faccio una breve ricerca su internet, non sono certo che sia sciatica, forse un nervo accavallato.
La pagina Instagram di un mio amico, super preparato, fisioterapista mi illumina: il mito del “nervo accavallato” non esiste. Esistono bensì i così detti “trigger points” (punti grilletto), delle zone del muscolo che si accorciano per via di una contrazione che permane provocando dolore, questo a causa di sovraccarico o di un movimento scorretto. La cura? Dopo aver discusso con il professionista, il massaggio rimane quasi sempre la soluzione più efficace. Easy.
Devo solo trovare un fisioterapista a Marza. Vince la pigrizia, comincio a massaggiarmi il lato b con la mano sinistra con l’unico risultato di assomigliare sempre più all’orso Baloo.
Decido di godermi il divano e il silenzio del villaggio, capace di far tacere anche tutti i miei trigger points, leggendo qualche pagina di un libro che ho portato. Verso le 16.30 spero di movimentare le cose mangiando la papaya in veranda. Niente da fare. Anche i ragazzi più piccoli latitano.
Invio su whatsapp a Marcelin una foto dell’ultima birra rimasta in frigorifero sperando di tentarlo nel venire a trovarmi. Nessun segnale, sarà stravolto dal lavoro (quasi lo invidio, QUASI). Suor Nicole mi raggiunge poco dopo. Mi ha comprato un quaderno per segnar tutte le spese che Godyene farà per preparare i pasti,
con questo semplice metodo potremo capire più o meno quanto mi costa un mese di cibo quaggiù. Mi sembra una buona soluzione, carta e penna, vecchia scuola.
Domani c’è MESSA alle 7.00… provate ad indovinare? Ovvio, vado anche io ed è sempre più concreta la prospettiva di fondare una mia religione a fine percorso.
Più o meno tutto qui. Stavo gettando la spugna, pensavo di dover fare un copia e incolla da Wikipedia sui punti grilletto per riempire un po’ la pagina di oggi, col calar del sole stavano calando anche le mie speranze di un ultimo colpo di scena, quando, poco prima del tramonto, Godyene mi bussa alla porta…
Per tenere allenata la conversazione in francese le parlo del quaderno di suor Nicole. Le dico che sono molto contento del suo lavoro e ci tengo a capire quanto può costarmi la vita qui. Da cosa nasce cosa, trovo il coraggio di confessarle che a casa non uso manco la lavatrice e che qui sarei contento di lavarmi i panni a mano.
Godyene è sorpresa di come io abbia stravolto la mia esistenza venendomene in Africa. Le spiego che il mio obiettivo è diventare più elastico per poter essere capace di adattarmi a qualunque situazione.
Mia madre mi rimprovera sempre del fatto che non mi decido a crescere, le spiego, quindi paradossalmente la presenza di una santa come lei che lavora anche più di una madre non mi aiuta. Silenzio. Le spiego il mio bisogno di diventare indipendente, in Camerun come da qualunque altra parte del mondo.
Mi guarda e mi dice che ha fatto della conquista dell’indipendenza come donna, tutta la sua vita. Capisce quello che dico e vuole aiutarmi, per diventare un domani un padre capace di badare ai suoi figli. Colpito in pieno. SBAM.
Mi chiede se davvero ho provato a lavare i panni a mano. Corro in bagno e tiro fuori quello che considero il mio capolavoro, la mia “Guernica”, la maglietta bianco verde a strisce e già che ci sono, prendo anche i calzini bianco-neri.
Sui calzini dice che dovrò fare una ripassata (ed è stata gentile), la maglietta ha preso la tinta (purtroppo) ma è pulita: BRAVO VALERYO!
(Spero che il complimento non sia dovuto, non solo almeno, al fatto che la tinta verde viene proprio dalle sue famose lenzuola.) Le dico che anche col rammendare i calzini ho un conto in sospeso. Me la cavo, ma non so concludere il nodo finale. “Si compra ago e filo e ti insegno” risponde. Più facile del previsto.
Mi spiega che il sapone in polvere funziona di più per il lavaggio manuale. Poi il colpo di grazia, se davvero voglio crescere, devo essere io a badare alla dispensa, a controllare quello che manca e a dirle di volta in volta cosa comprare in base a quello che voglio mangiare. Sul cucinare ci accordiamo, a pranzo ci pensa lei,
a cena mi arrangio io (non sono ancora pronto per rinunciare del tutto ai suoi manicaretti, lo ammetto).
Insomma parliamo per quasi un’ora, in francese.
Coerente con il mio stile sentimentale, impulsivo e spassionato (da buon italiano quale sono) le dico che ho la certezza di aver trovato la mia prima amica (femmina, perchè Nicolà è il mio primo amico maschio).
Godyene mi ringrazia per essere stato gentile con lei, pensava che io non la sopportassi.
Mi affanno a spiegare che tutte le volte che la vedevo entrare in casa mi sentivo in colpa nel farmi servire e riverire come un colonizzatore (magari inglese).
Sono super contento del suo lavoro figuriamoci.
Le divergenze culturali erano tali da farci interpretare le dinamiche in modi del tutto distorti. Io mi sentivo in colpa nel vedere Godyene svolgere le sue mansioni abituali mentre LEI si sentiva a disagio pensando che il suo lavoro non mi andasse bene. Qui nessuno ci aveva capito una ceppa.
Oggi è un giorno speciale per me.
L’inizio della mia dichiarazione di indipendenza, il mio personalissimo 4 luglio, mi sento libero di muovermi e, soprattutto, di decidere.
La prospettiva di aver trovato una persona come lei (troppo brava) pronta ad accompagnarmi in questa crescita non fa altro che infondermi sicurezza.
Certo potevo arrivarci qualche anno prima, si suppone che io vada per i 30. Forse è vero che c’è un tempo per ogni cosa, forse è vero che ognuno ha un proprio passo, quello di cui son certo è che non vorrei essere in nessun altro posto se non qui. Adesso.
Mi assicuro che la bombola sia chiusa (ho paura), accendo col fiammifero la candela, colo la cera sul ripiano della cucina, la fisso vicina al lavandino…
…è il momento di lavare i piatti, finalmente.