12 gennaio – Romanzo in rosa
Mi sono svegliato stra in ritardo, alle 6.32. Ho appuntamento per le 6.40, chiudo gli occhi un secondo, 6.37 ma noo! Pantaloni, maglietta … è sporca da far schifo … niente maglietta! Maglioncino, calzini, ma dove sono i calzini? Ah già li ho messi dentro le scarpe per evitare blatte e sorprese varie nelle calzature.
Ripensandoci, bella mossa!
Giungo alla “Maison” in ritardo di 5 minuti che, per i tempi africani, significa essere più che puntuali. Le ragazze non sono affatto disturbate dalla mia presenza, si divertono, dicono, a farsi fotografare a scuola. Mi chiedono di tornare anche domani. Mi tocca ancora alzarmi alle 6, ho capito.
Ci avviamo verso l’edificio ma a sto giro sono motivato. Chiedo aiuto alle fanciulle. Ognuna deve indossare la cartella e sorridere per quanto possibile. Chi mi aiuta a farle ghignare? Casualmente trovo una marea di volontarie desiderose di imbarazzarsi a vicenda. Ammetto che la luce è peggiore rispetto a ieri, ma nel complesso possiamo dirci soddisfatti. Doveroso selfie celebrativo per contemplare questo piccolo successo. Esigo però l’ostentazione spudorata degli incisivi, “come i cavalli, mi raccomando!”. Lascio a voi i giudizi.
Tornato a casa mi sdraio per un’oretta e poi risorgo operativo, pronto a stressare Claris su tutto quello che riguarda le donzelle. Voglio che il progetto venga bene e mi servono dettagli preziosi riguardo ai loro programmi e alle loro ambizioni. Alle 16.30, dopo la scuola, andrò a intervistarle.
Soumaya mi aspetta a casa con Godyene. Esaurite le libagioni mi dirigo dai ragazzi per assicurarmi che siano ancora interi dopo la ginnastica del giorno precedente.
Tutto bene, alcuni hanno dei dolorini qua e là, ma nel complesso se la cavano. Michelle mi corre incontro spiazzandomi con un abbraccio. Nel suo silenzio vale più di molti discorsi. Vorrebbero ripetere la sessione, si sono proprio divertiti.
Facciamo così, d’ora in avanti dichiaro il lunedì e il venerdì: giornate dello SPORT! Domani al mercato compro anche un bel pallone nuovo, vedrete cosa vi combino! Parte la standing ovation. Godo.
16.30, è tempo di inchieste.
Le ragazze mi stanno aspettando, appena messo piede sulla soglia sento porte aprirsi e chiudersi da ogni dove. Qualcuna sta lavando i panni, la mia presenza basta per rinviare il lavoro a più tardi.
Ci raduniamo seduti nel cortile interno della casa. Spiego che per questo progetto mi servirebbe conoscere i loro sogni. Ne hanno molti, giustamente. Restringiamo il campo: “cosa vorreste fare da grandi?” Chissà che tra tante risposte non ce ne sia una che vada bene anche per il sottoscritto. Incrocio le dita.
Mi ero dimenticato quanto fosse bello ascoltare la pianificazioni degli adolescenti. Nonostante la mia irrecuperabile immaturità, ammetto di aver un tantino perso questa abilità di volare lontanissimo con la fantasia. Sono i viaggi che ci si può permettere da ragazzi proprio perché si ha a disposizione tutto il tempo per aspettarsi che qualcosa accada sul serio.
A 18 o 19 anni hai più di un decennio di cuscinetto per poter sperare che le tue illusioni diventino realtà a tutti gli effetti. A 28 invece non hai molti modi per dire a te stesso cose tipo: “a 30 anni mi vedo sposato con due figli, un maschio e una femmina, ed un grosso cane che dorme davanti al caminetto”. Due anni passano in fretta, cosa farai per guadagnare il denaro che serve per pagare una costosissima cerimonia ed accendere un muto per la casa?
Le cose sono due, o cambi obiettivi tipo: ” a 30 anni sogno di mangiare pane e salame con gli amici” e allora stai quasi sereno perché potresti effettivamente ottenere qualche risultato più o meno vicino a ciò che immaginavi, oppure post-poni la scadenza: “a 45 anni mi vedo sposato con due figli e un cane”. Troppo ottimista?
“A 45 anni anni mi vedo con un cane!” oh, perfetto, così funziona!
Nel fior dell’età invece tutto è ancora possibile. E’ un dato di fatto. Non si sa nemmeno che faccia abbia un trentenne. Tra i banchi delle quinte liceo qualcuno vocifera che esistano davvero gli over 25, la leggenda vuole che, alcuni di loro, siano pure laureati. Pazzesco. A 18 anni nemmeno sai cos’è una tesi, figuriamoci se pensi al mutuo. Il tuo iperuranio possiede ancora il coraggio di preservare gli aspetti più creativi della personalità.
Senza alcun tipo di riserbo, con la più spontanea naturalezza ricevo risposte di ogni genere. C’è chi vuole diventare una stilista, chi poetessa, chi scrittrice, chi insegnante o capitano di marina, chi astronauta o contabile (ebbene sì, per qualcuno anche la ragioneria è un sogno!).
Mi sorprende constatare che almeno tre di loro entrerebbero volentieri nel corpo di polizia o nell’esercito.
Non solo per una questione di privilegi e di potere, ma anche per un certo bisogno di autonomia e indipendenza. Nella polizia inoltre, ci sono molti ambiti più attraenti delle divise e delle armi che lì per lì non avevo considerato.
La banda delle forze dell’ordine, ad esempio, ti permette di affrontare una carriera musicale degna di nota garantendoti anche un buono stipendio.
Entrarci ovviamente è parecchio complicato, tenuto conto anche del fatto che la corruzione la fa da padrone.
Non mancano neppure le eccezioni a conferma della regola, alcune vorrebbero affrontare professioni più ordinarie tipo quella di giornalista o imprenditrice. Infine, si cela, nascosta da una leggera patina di timidezza, anche un’aspirante dottoressa.
Eh nulla, lavorativamente parlando non ho provato alcuna scintilla di ispirazione. Resto dell’idea imperiale di sposare l’otium fino alla morte.
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Terminata la mia breve inquisizione vengo attirato da un gioco semplicissimo ma dal fascino antico. Uno di quei passatempi di cui i nostri nonni ci parlavano mentre noi, senza capirci bene, sorridevamo annuendo nella speranza che, prima o poi, ci venisse restituito il game boy, sequestrato ingiustamente ore prima.
Con un sasso le ragazze disegnano un cerchio sul pavimento. Lo riempiono con della ghiaia grossolana. Aisha tiene una pietruzza nel palmo destro, la lancia, mentre questa sale in aria, con la mano sposta un po’ dei sassi fuori dalla circonferenza. La riafferra. Rilancia. Nel periodo di sospensione, rimette tutti i sassi tranne uno all’interno. Ripete.
Inizia ad accumulare una certa quantità di pietruzze. Svuotato il cerchio, rimette i sassi a posto e ricomincia.
Questa volta ad ogni lancio, ritiene per se 2 pietre anziché 1 soltanto. Mi spiega che il gioco va avanti in crescendo. Devi avere i riflessi di capire, nel poco tempo in cui il peso sta in volo, quanti sassi tenere e quanti rimetterne a posto.
Ci provo. Lancio il sasso. ANSIA TOTALE. Oh mio Dio, ora devo prenderne un po’ ecco, no aspetta un momento, sta già cadendo l’infame? Con Aisha stava in aria di più! Balordo. Mi cade di mano. Riprovo. Ho gli arti di pastafrolla.
Le quote rosa mi esortano a fare con più calma. Tenere gli occhi fissi sul sasso e lanciarlo ben in alto è fondamentale, le mani posso così aver il tempo di agire in modo autonomo. Comincio a capire il criterio e vado via via migliorando. Inutile dire che in confronto a loro sono una schiappa.
Nel mentre Josienne ha preso una statuetta fluorescente della Madonna, ha disegnato un cuore sulla sabbia e ve l’ha riposta al centro. Con dei petali di un fiorellino viola, poi, comincia a colorare il perimetro della figura. Vorrebbero fotografarlo. Non faccio in tempo a dar loro il telefono che mi trovo ripreso e sbeffeggiato in un video in cui fuoriesce tutta la mia mancanza di coordinazione. Una figura letteralmente disgraziata. Lo riguardiamo. Giù a ridere come matti. Faccio proprio pena.
Non contente decidono di insegnarmi un altro gioco. Si devono disegnare delle piccole circonferenze per terra. Ogni cerchiolino rappresenta una casa.
Ogni casa ospita al suo interno 4 figlioletti (4 sassi). Si parte pulendo la prima casa, si afferrano tutti i sassi e si distribuiscono uno a uno nelle case successive. Ogni qual volta che nella circonferenza restano due pietruzze, chi è di turno guadagna la coppia passando per la casa. Si procede così fino a che tutte le casette vengono svuotate. Chi ha guadagnato più pietre vince. 4 sassi ti danno diritto ad una casa. 6 sassi ad una casa e mezzo che dunque si dovrà spartire con qualcuno che come te ha concluso a 1 e mezzo e così via. Un bel CASINO!
Di fatto per giocare basta una regola, un pugno di ghiaia e un pavimento su cui disegnare. Inoltre questo esercizio va bene per tenere allenata la mente con piccoli semplici calcoli. Insomma un toccasana. Non mi vergogno di dirvi che ho speso almeno un paio d’ore a lanciar sassi in giro. Quel che forse dovrei tenere per me è che mi sono divertito, e anche tanto. Inizia a far buio, mi alzo tutto lercio e impolverato e faccio per congedarmi.
Tornerò a trovarle? mi domandano. “Domani allora ci accompagni a scuola così ci facciamo le foto tutti insieme giusto?” “Per colazione c’è il riso con i fagioli, ti piace?” “Quindi Valeryo ci vediamo domattina?”
Sono talmente pigro che vorrei disporre dei tasti copia e incolla per rispondere “Va bene, volentieri” a tutte quante.
Lasciarmi la magione rosa alle spalle mi genera già un timido senso di nostalgia. Mi fermo un istante e mi volto. La luce rossastra del sole mi entra negli occhi, il colore pastello delle pareti, con questo contrasto, sembra quasi un acquerello. L’edificio assume la veste di una grande casa delle bambole in stile camerunense, degna comunque di un romanzo di Jane Austen.
Che il tramonto introduca una notte di meravigliosi sogni, soprattutto per voi 14 piccole donne.