28 gennaio – Giovani lupi

Perchè mai svegliarsi alle 7 quando non si ha nulla da fare?

Non c’è acqua, non ho appuntamenti nè programmi. E’ forse il senso di colpa a parlare al posto mio?
La mia insensata disciplina che non mi consente di dormire oltre ad una certa ora del mattino?

Magari è la paura di provare quella malinconia che ti arriva la domenica mattina quando ti svegli alle 12 e, seppur appagato da un sabato notte già dimenticato per il quale resterai indimenticabile a molti, sei conscio di esserti bruciato mezza giornata accorciando il countdown che segna la linea di demarcazione tra la libertà e il Lunedì, dalla nascita, suo malgrado, il giorno nefasto.

Sia quel che sia alle 7 mi ritrovo impanato tra le lenzuola. Gira che ti rigira prima su un fianco, poi sull’altro e viceversa, mi scappa la pipì.
Dopo 41 notti ho deciso finalmente di spalancare la finestra del bagno, persino un codardo ha bisogno di cambiare aria, entrassero pure i peggiori insetti del pianeta. Da notare la zanzariera ben fissata alle sbarre della finestra a protezione da qualunque pericolo.
Ah… non me ne ero accorto, a saperlo la aprivo prima. Grande bigolo che sono!

Le mura di casa, fatte di terra e spesse 40 cm diventano improvvisamente imponenti pareti di cemento armato. La maniglia della porta mi si allontana dalle mani, più avanzo in direzione dell’uscio, più quello mi sfugge repentino. Che motivo c’è di uscire in fondo? Posso benissimo mettermi a lavorare in soggiorno. Lavorare, insomma, parole grosse! Diciamo ricopiare gli appunti che ho preso intervistando Claris e Sophie.

Bussa alla porta suor Nicole. Già solo per evitare la figuraccia di farsi trovare mezzo addormentato è valsa la pensa alzarsi presto (5 punti fragola Esselunga per me!).
Brillante la invito a sedersi in veranda. Ha portato un Jackfruit enorme in regalo. Vuole che Godyene me lo prepari non appena sarà maturo. Ci interrompe Etienne.

Ho proprio bisogno di lui devo stilare tutta la lista degli utensili necessari al lavoro nei campi e alle piccole riparazioni di falegnameria che abbiamo in mente di arrangiare. Pensa che ti ripensa arriviamo a 23 attrezzi! Mica male. Lo saluto, vado a riportare in bella copia l’elenco.

Mi è scaduto l’abbonamento di Windows, posso utilizzare soltanto meri fogli di testo, addio thesaurus, addio layout, mi mancherete!
In pratica il mio portatile è diventato una macchina da scrivere a corrente. Retrocessione africana, pare ufficialmente ambientatosi anche lui.
Qui i metodi della vecchia scuola (da notare il trapano manuale, su tutti) tornano sempre utili così come l’arte di sapersi arrangiare, coniata io credo, in primis da noi italiani. Avrei voglia di sventolare un tricolore ma sono già le 10.

Terminata la lista riprendo il lavoro sulla condizione femminile camerunense.
La cosa mi tiene occupato fino a circa le 12. Non si capisce bene come ma, pur non avendo fatto una bega, mi sembra di aver lavorato. Ho quella sensazione di soddisfazione che ti fa credere di esserti guadagnato la giornata.
Non è così, ma ammetto che non mi dispiace essere sollevato dalle responsabilità.
Decido di preservare questo stato d’animo andando a farmi un pisolino dopo pranzo. Ovviamente non chiudo occhio, per riposarsi bisogna prima stancarsi, questa è la regola in teoria. Mi sa anche in pratica nel mio caso. Sono le 15.

Ma da quando? Mica erano le 7? Oggi veramente ci sto capendo meno ancora del solito. Meglio studiare francese, ho la lezione alle 16.30 e non posso sgarrare. Jojo arriva puntuale e mi fa esercitare sulla lettura. Un testo racconta l’interessante fenomeno delle Banana Zana (?) congolesi.

Donne analfabete spesso e volentieri che, attraverso la loro capacità di business e il loro sensibile istinto imprenditoriale, hanno creato all’interno del paese un grande mercato al femminile specializzato nella vendita di tessuti. L’economia del Congo ormai dipende moltissimo dal grande giro d’affari di queste eccezionali quote rosa, tanto da far sì che la politica economica sia stata propensa ad assecondare loro sgravi fiscali e notevoli fidi bancari.
Nel mezzo della pagina troneggia una foto che ritrae 4 donne di bell’aspetto ai bordi di una Mercedes nuova di zecca, dotata di autista. Mezzo che, a detta ironica dell’articolo, utilizzano volentieri per risparmiare sul taxi…Hai capito le sciure!

h 17: ADORAZIONE TIME. Jojo è venuto in moto, mi da uno strappo alla chiesa, quello che io chiamo: un ingresso di stile! Peccato che non ci sia nessuno ad accoglierci, sono già saliti tutti nella cappellina in cima al promontorio. Meglio sbrigarsi.

All’uscita dalla chiesa il tramonto rosso sangue scalda il bianco della grande croce posta fuori, davanti alla chiesa. Berthe ed Edith sono incuriosite dalla mia carnagione. Soprattutto dal fatto che al sole posso abbronzarmi, avendo sangue calabro, tramutando in una specie di meticcio. Mia madre, spiego, che ha la pelle più chiara, diventa rossa come un’aragosta, mio padre e mio fratello invece scuriscono quanto Moses, che ci ha raggiunti nel frattempo insieme a Michael.

Hanno bisogno di una mano per chiudere le finestre della scuola rimaste aperte.
Li accompagno volentieri. Mentre discuto di carnagione con i miei amichetti, un uomo dalle retrovie commenta ad alta voce: “siamo entrambi la stessa cosa, che una casa abbia il tetto di paglia o in tegole, le mura bianche o nere, non fa differenza, resta sempre una casa, quello che conta sono le cose che vi si trovano all’interno!”.

La metafora uomo-casa antirazzista mi piace molto. Mi presento, si chiama Jerome. La figlia passa in quel momento adducendo qualche scusa per uscire al calar della sera.
Commento con una delle mie frasi da saggio estratte dalle citazioni di Osho: “Ah, la pazienza dei padri con le figlie…”. Non lo avessi mai detto.

Jerome inizia un discorsone, anche interessante devo dire, ma lunghissimo, sul problema della società moderna e dei giovani che la popolano.
Le scuole stanno cambiando, impongono ad i ragazzi di apprendere l’utilizzo del pc, costringono i genitori a fornire i propri pargoli di telefoni cellulari.
Ormai, prima dei 18 anni, gli adolescenti sono già abituati a guardare film e conoscono ogni genere di sudiceria. Ma si tratta di individui poco più che bambini, senza ancora tutti gli strumenti atti a distinguere il bene dal male. Questa storia dei telefoni poi. Tutti ce l’hanno, tutti lo esigono tra le mura parentali!

I genitori diventano più duri e severi, i figli più ribelli, il mondo sempre più malvagio. La società moderna impone un cambiamento negativo e troppo precipitoso.
Non è bene che un ragazzo adolescente conosca tutte le porcherie del pianeta. Essendo molto giovane il rischio è che si trovi a credere di conoscere già molte cose della vita senza, paradossalmente, aver vissuto sulla propria pelle ancora un bel niente. E’ da pazzi.

Jerome è profondo, si sente che il suo è un pensiero scaturito da una lunga e attenta riflessione. Evidentemente le preoccupazioni causategli dalla figlia lo inducono a concentrarsi su questi temi, non affatto banali.
Sono rapito dalle sue diramazioni lessicali, i miei amici invece se ne stanno seduti sui gradini della scuola ad aspettarmi spazientiti.
Io e Jerome passiamo alla politica, alla instabilità di governo causata dall’età avanzata dell’attuale presidente Paul Biya, ormai sparito dai riflettori già da qualche mese.

Si prosegue parlando della convivenza intestina tra la religione cattolica e quella musulmana e di come questa sia stata forte nell’imporsi socialmente ed economicamente.
Vorrei davvero comprendere meglio ogni sfumatura di cui tratta. Do un’occhiata ai miei soci, non ce la fanno più. “Ci sei domenica a messa?” Affermativo. “Ok, allora all’uscita vengo a cercarti così continuiamo un po’!” Ne è entusiasta.

Lui cerca orecchie per sfogare la frustrazione accumulata da anni di soprusi e ingiustizie inferte da politici (stranieri e non) alla sua patria, alla sua gente e alla sua stessa famiglia. Io ho sete di conoscenza. Di qualunque tipo si tratti. Una chiacchierata sui temi sociologici e religiosi può essere fonte di ispirazione. Ho un blog da scrivere!
Non ho niente da perdere. Chissà a quale etnia appartiene Jerome.
Forse mi narrerà anche la storia della sua tribù. Devo riuscire a strappargli un invito a casa.

A proposito di imbucarsi in domicili altrui Jojo, per mia somma gioia, mi ha rinnovato la proposta per domenica. Manassè mi accompagnerà e alle 17 andremo a trovarlo. Ho un milione di domande da fargli.
Chissà se riuscirò ad intervistare anche suo padre. Sarebbe una preziosa fonte da cui attingere tutto ciò che riguarda il passato di una delle più popolose etnie diffuse nella regione dell’Adamaoua.

Ritorno a casa con i miei bodyguards. La luna è finalmente giunta a maturazione, la luce solare ne irradia completamente la faccia. Ma si tratta degli ultimi raggi del tramonto, rossi cremisi. Il satellite acquista un colore purpureo, sembra davvero una grossa arancia siciliana appesa in cielo. Mi vien voglia di ululare.
Ho talmente tanti peli sulle braccia che potrebbero scambiarmi per un lupo mannaro, meglio evitare, non vorrei essere abbattuto a colpi di macete dai contadini locali.

Mi separo dal gruppetto per fare capolino dalle ragazze. Non le vedo da un paio di giorni. Mi accolgono un po’ stizzite. Dove mi ero cacciato? Ero forse arrabbiato per qualcosa? Sto bene? Erano un po’ in pensiero… gli sono mancato! Inutile negarlo, sono una prima donna, adoro questo genere di cose, soprattutto se è un harem di 14 splendide ragazze a pronunciare carinerie tipo: “we missed you!”.

Tranquille bimbe, sono in forma, ho passato le ultime due serate a giocare a pallone un po’ anche con gli altri, sapete com’è, altrimenti si ingelosiscono, mica per altro! Ruffianata penosa! So già che mi dovrò rimangiare questa battuta da cialtrone presto o tardi. Si chiama KARMA!

Una partita a Sarakè e poi una preghiera tutti insieme. Sono cariche, cantano come allodole, applaudono, gorgheggiano. Più che ad un rosario pare di stare a un concerto. Sono proprio forti. Alzo la testa e dal cortile la luna sbuca di nuovo più argentea che mai. Ha smesso le sue vesti sanguigne immergendosi in un bagno di latte.

Bussano alla porta. Manassè, Moses e Michael sono venuti a farci visita, Claris non perde il controllo della situazione e ci sbatte fuori più o meno educatamente dopo una decina di minuti. E’ pur sempre un dormitorio femminile! Manassè si sofferma con me per un’ultima sbirciata alla gigantesca palla argentata che sovrasta le nostre zucche. Il mio smilzo amico comincia ad ululare ridendo forte. Quasi mi avesse letto nella mente.

Siamo randagi, non possiamo sottrarci a questi ancestrali richiami, lo assecondo su due piedi. Michael e Moses ci guardano perplessi, non posso certo biasimarli! Come non biasimo quei santi dei miei genitori che, leggendo questi passi, scopriranno di aver messo al mondo una sottospecie di cane, come dicono da queste parti: PARDON!

 

 

 

 

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