1 gennaio – Sorprese

Per una svolta di vita epocale, girare la pagina del calendario non basta. Me ne sono resoconto per il 28esimo anno consecutivo proprio stamane.

Al mio risveglio una blatta mi sbuca dal controsoffitto per farmi gli auguri. Le sparo una massiccia dose di insetticida e un colpo di ciabatta. Auguri anche a te.

Entrato in cucina non posso fare a meno di notare la somiglianza della formica africana con l’alacre operaio brianzolo.
Il principio di formicaio che ho distrutto ieri notte mi si para davanti nuovo nuovo. Approfittando del favore delle tenebre (un po’ come certi partiti politici di mia conoscenza) i simpatici animaletti si sono rimboccati le maniche per bene. Mando la foto a Godyene, la mia salvatrice.

Come nelle nostre conversazioni analogiche, anche per messaggio si fa due risate dicendomi che i mattoni della casa in cui vivo sono fatti di terra, è dunque normale che ogni tanto sbuchino fuori delle formiche. Le case, nonostante questo reggono, Godyene definisce la bizzarra particolarità: uno dei misteri dell’Africa.

Io, invece, non sono proprio contento di scoprirlo. Mi sento appena entrato nella “tana delle tigri”.  Esatto, proprio quella del famoso cartone animato, al cui interno i più agguerriti e violenti nemici dell’Uomo Tigre dan giù botte da orbi a tutte le ore del giorno.

Non è una bella sensazione. Tra le cose da fare inserisco una ricerca approfondita sulle aree geografiche in cui vivono formiche carnivore. Prevenire è meglio che curare.
Ci vuole coraggio, mi dice, sarà un anno pieno di sorprese!
Ma un anno normale di quelli belli piatti no eh? Lasciamo perdere…

Pronto per la messa, entro nel salone e il mio fido Nicolà mi fa notare un lastrone rotto del soffitto. Basta, vado in panico. Tutto quello che ho scritto si sta avverando.

Prima padre Alloise che sta male a causa delle mie parole di disappunto e adesso le lastrone di legno che cedono. “Signore mi dolgo di tutti i miei peccati, non ucciderlo, non è così malvagio in fondo…”

Mi giro e padre Alloise mi si para davanti. Sta volta sono io ad aver visto i fantasmi. E’ quasi tornato in forma, per mio grande sollievo, ci scambiamo caldamente gli auguri. Qui entra in scena un giovane prete africano nato per dominare le predelle di tutte le chiese del mondo. Il nostro Alloise non è ancora operativo al 100%, pertanto, in via straordinaria, oggi verrà sostituito.

Il giovane ha di sicuro frequentato qualche webinar organizzato dallo Stato Pontificio durante la quarantena, si percepisce lontano un miglio che ha un certo carisma. Avrà un master in sermoni interattivi. Sì, perché, per evitare di farci addormentare, il curato, oltre ad un tono di voce sostenuto, non termina tutte le parole della sua arringa, ne lascia in sospeso qualcuna aspettando che noi interveniamo con entusiasmo. Non solo, da vero rocker quando la risposta del pubblico non lo soddisfa, si mette una mano sull’orecchio a mo’ di padiglione e chiede di ripetere.

Per la prima volta da quando sono qui ho capito qualcosa a messa. “La pace interiore è fondamentale, senza aver coltivato in noi la carità, l’empatia e la generosità, dire il rosario non serve a nulla!”. Non pensavo di poterlo dire, ma sono d’accordo. Credo sia ufficialmente iniziata la mia trasformazione ascetica.

Il rito è più spedito, le donne ridono di gusto alle battute del brillante oratore, il coro ha più grinta, la gente interviene alzando le mani e battendo il ritmo delle canzoni con forti applausi.
Tutto molto divertente. Una prova di resistenza non da poco: 3 ore!

Giuro, padre Alloise ad una certa si è addormentato, è volato per una volta dall’altra parte della staccionata. Un buon primo passo per sviluppare empatia con il suo pubblico e dare un’accorciata drastica alle sue abituali papelle.
Oggi ho cambiato posto un’altra volta (sto migliorando), sto tra Dudu e Nicolà. Qui la situazione è più elastica, si celebra con tutte le porte aperte. I bambini e i ragazzi che non resistono, vista la lunga durata delle cerimonie, ogni tanto escono a sgranchirsi le gambe per poi tornare a sedersi. E’ una partecipazione più libera.

I miei amichetti fanno lo stesso. Al rientro Dudu prende il posto di Nicolà. Quest’ultimo gli chiede di ritornare al suo. Alché Dudu si fa piccolo piccolo nella sedia invitando l’amico a sedersi con lui. C’è posto per tutti. Anche se non capisco molto in chiesa, imparo sempre qualcosa. Se l’episodio fosse accaduto tra due adulti corpulenti, date le dimensioni non avrebbero mai potuto condividere la sedia, gli sarebbe toccato litigare per chiarire la situazione.

Questo mi ha fatto pensare ai numerosi vantaggi derivanti dall’essere piccini. I bambini presentano delle soluzioni alternative e pacifiche a certi problemi, purtroppo spesso impossibili per noi adulti. Immaginate un mondo in cui i fucili sono troppo pesanti per essere imbracciati, in cui le bombe diventano fuochi d’artificio. Mi sorprende la grandezza letterale e metaforica dell’essere piccoli.

Che invenzione triste la sedia. Fatta per uno solo, distaccata, lontana, privata. Specchio di una cultura limitata. Al massimo si può stare uno in braccio all’altro ma dopo un po’ fa caldo e ti fan male le gambe. Comincio ad apprezzare di più le panche. Sarà il covid con le sue restrizioni, ma le panche per me hanno una marcia in più. Tutti belli vicini, a far ciondolare i piedi su e giù, nessuno può rubare il posto a nessuno, ci si siede dove capita.
Molto meglio davvero.

Non faccio in tempo a rientrare a casa che sento un vociare proveniente da non troppo lontano: “Valeryoooo!” Mi affaccio. Marcelin mi chiama per assistere alla cottura del pollo alla brace (alla maniera africana). Mentre lui prepara una salsa con zenzero in pezzi, prezzemolo, basilico, aglio, cipolla, olio e sale, due ragazzi spennano le ultime piume degli sventurati pennuti sacrificali. Un addetto specializzato si occupa del lavaggio e della pulizia delle teste.

Fa un po’ impressione ma qui la testa del pollo è un bocconcino prelibato destinato al capofamiglia (Marcelin). Vorrebbero che ne mangiassi una anche io…
“Guarda come se avessi accettato, grazie mille”.

Mentre il pollo è sul fuoco si palesa del tutto inaspettatamente una figura autoritaria, giunta appositamente per gli auguri di buon anno.
Il vescovo di Ngaounderè in persona vuole salutarci, suor Nicole insiste perché io mi faccia fare delle foto da mandare alla mamma. Non solo, il vescovo ci onora con l’imposizione delle mani. Grazie a questa potrei raggiungere il livello di “super Saiyan”, speriamo così mi crescono i CAPELLI!

Le donne hanno preparato un tavolo apposta per noi (avrei avuto più piacere a mangiare sul tappeto con i bimbi, ma d’altronde devo rispettare l’ospitalità onorevole). Assaggio un pezzo di intestino (altra leccornia locale) il sapore è ottimo, mentre mastico sento come dei pezzi di terra o sabbia, deglutisco e sorrido: “Favoloso!”

Mi è piaciuto davvero, ma forse avrò modo di pentirmi di questa bravata culinaria il giorno in cui mi diagnosticheranno i calcoli renali.
Tornato a casa non trovo pace, ho mangiato molto e, carico, ho voglia di socializzare.
Mi ricordo l’invito di Mr. Francois a “sentirmi libero di andarlo a trovare quando voglio”.

Al portone due cagnolini adorabili di pochi mesi fanno da guardia alla magione. Mi blocco, sembrano aggressivi, mi vengono incontro ringhiando, mi guardano, iniziano a leccarmi i piedi. Come Cerberi hanno ancora molta strada da fare. Buon per me!

Mr. Francois mi invita a bere una birra fresca sulla veranda mentre mi illustra come diverrà in futuro il suo splendido giardino. Banani, alberi di papaya e di mango svetteranno insieme a quelli di avocado.

Sgranocchiamo due arachidi mentre il sole, tra un sorso e l’altro, prepara la sua dipartita.

Come inizio, in fin dei conti, non c’è male.

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