7 febbraio – Se telefonando
Il problema non è il mezzo, ma come lo si usa. Siamo praticamente dipendenti dai nostri telefoni cellulari. Abbiamo nel palmo di una mano tutta l’informazione del mondo, non sappiamo come filtrarla.
Viviamo imbottiti di nozioni, lobotomizzati da uno schermo. Impariamo 1 milione di cose nuove al secondo e ce le dimentichiamo l’istante successivo. Schiavizzati dall’ansia perenne di dover rispondere a tutti, tutto, subito. E’ così che certe giornate passano. Volano. Scivolando letteralmente tra le dita, quelle con cui stringiamo lo Smartphone.
Soprattutto se non sei occupato, se non puoi tenerti impegnato con un bel lavoro, se non hai da sudare, da faticare.
Sei lì, senza pressione, allora te la crei, ne hai bisogno. Ti serve. Come si fa a starsene buoni buoni, nel proprio letto a dormire? Eppure alcuni miei amici ne sono capacissimi, anche troppo forse. La sensazione generale è che col tempo diventiamo sempre meno liberi di darci tregua.
Molti di noi, dopo aver vinto alla lotteria, perderebbero il senno perché inabili all’ozio. Molti normalmente già lo fanno.
Ma chi ha detto che la vita dev’essere una corsa? C’è forse una scadenza? Mi sono trasformato in uno Yogurt del reparto latticini senza accorgermene? Quand’è che è successo? No ditemelo, per favore, perché ho bisogno di saperlo. Chi ci ha trasmesso il dovere di essere produttivi. Etichettando tutti gli altri con certe nomee: inutili, scarti, superflui, eccesso? Si può essere in esubero di vite umane? E’ possibile avere cosi tante anime sul pianeta da non sapere come impiegarle?
Davvero siamo andati alla deriva fino a questo punto, mi chiedo? Abbiamo perso completamente umanità, o sto prendendo una cantonata? A tal proposito, sempre chini con il capo basso e lo sguardo vigile sulle notifiche social, chi di noi nota ancora i senzatetto accantonati (appunto) ai bordi delle strade?
Esistono o sono frutto della nostra immaginazione? E’ facile perdere il senso della realtà e confondere l’empirico con il virtuale.
Platone aveva l’iperuranio, a noi è rimasto il Cloud. Una bella differenza, non trovate? Si sa, la vita è una sola, chi ha tempo non aspetti tempo, carpe diem, viene da scalpitare sotto le lenzuola, bisogna agire, e in fretta.
Non essendo mai liberi, quella volta in cui ci capita, la dobbiamo sfruttare per bene. Ah già, perché anche il tempo “libero” è un concetto interessante. Ce n’è talmente poco che ci assoggettiamo alla rarissima piccola porzione a disposizione tentando di fare 100.000 cose insieme, scapicollandoci come matti, quasi ne fossimo schiavi. Del resto le occasioni vanno prese al volo! Ma come, mica era libero? Come ho fatto ad incatenarmici?
Successivamente entra in campo l’indecisione. Cosa fare o cosa fare prima di cosa? Perché NON SI PUO’ AVERE TUTTO! Che poi, avessimo almeno una definizione di questo famoso “tutto” che proprio ci manca… bah.
Avere il tempo per fare con calma ciò che si deve e si vuol fare è praticamente impossibile, dai, diciamoci la verità.
Forse anche per questo, quando la clessidra scende lentissima, ci troviamo spiazzati, come il portiere fregato da una finta. Di gesso, lì immobili mentre il pallone rotola piano piano e spezza la linea della porta, tuffandosi nelle morbide maglie bianche della rete.
Non facciamo in tempo a girarci per capire cosa è successo che il match è già ripartito. In campo è di nuovo tutto un gran via vai. Ma ha segnato per caso? Nemmeno quelli della curva ti rispondono.
Caspita quante riflessioni. Sarà che non c’ho un CAZZ* da fare! E’ così e sono solo le 6.45. Il telo candido della zanzariera mi gravita sul muso.
Il mio Iphone è troppo lontano, attaccato al caricabatterie, ognuno ha le proprie catene. Alzarmi per prenderlo… potrei, certamente potrei fare molte cose.
Ma normalmente mi scappa sempre la pipì, oggi no? Cos’è facciamo sciopero dei reni? Preferisco attendere, ammortizzare il volume di energia speso per i movimenti.
La bottiglia d’acqua è proprio accanto a me. Allungo la zampa sinistra. Bingo! Me la scolo tutta, vediamo se la vescica si dà una mossa.
Alle 8.20 sollevo prima il telo retato e subito dopo il mio sederone dal letto. E’ tempo di espletare. Finalmente saprò cosa il web ha prodotto per me sta notte.
Raccolgo la zanzariera e inizio la carrellata. Una marea di messaggi a cui rispondere: “scusa se rispondo solo ora, ieri avevo finito i giga…”
Due minuti che lo uso ed ho già i sensi di colpa, NAMO BENE!
Buongiorno a te; buongiorno a quell’altro; ciao cara come stai? Che piacere che mi fai con sto messaggio! ecc.ecc. Possibile che diventi noioso e faticoso comunicare agli altri la gioia che si prova nel sapere che questi ci pensano, si preoccupano per noi e ci augurano di vivere bene le nostre ore di luce?
Già, è possibile. Perché forse a furia di dirci sempre le stesse cose, le abbiamo lentamente svuotate di significato e di passione. Piano piano le abbiamo inaridite, a botte di abbracci virtuali e cuoricini, sorrisini, occhiolini e diminutivi vari in INI. Poi arrivano i santINI (appunto) con le frasi dei cantanti famosi o dei filosofi, saggi sì, ma magari anche atei o agnostici, che ne sai! Informati prima no? Infine le tazzine di caffè con i fiorellINI (ovviamente).
Mi capacito del fatto che qualcuno le abbia inventate e disegnate, ma non mi spiego come sia stato possibile che abbiano avuto un tale successo. Scemo io che, continuando a ritenere stupide le mie idee, non ho provato a realizzarne manco una. Cretino come sono, sarei potuto benissimo diventare ricco con qualche trovata. Ricordo che una volta mi illuminai nel pensare ad una tavoletta del Water a forma di canestro, con la rete cucita sul fondo, di modo da diventare un porta giornali. Probabilmente, visto il trend odierno, oggi sarei sulla mia vela da 80m diretto verso i Caraibi con un personale nautico esclusivamente femminile al mio servizio. Sicuramente qualcuno meno scemo di me starà veleggiando al posto mio sorseggiando la sua Piña Colada alla faccia mia. E’ un bel modo per iniziare la giornata. Schizzo… buon umore da tutti i pori!
Mi faccio un caffè, sento di meritarmelo. Droga legale, lobby criminale, probabilmente responsabile dell’uccisione dell’uomo ragno. Sia quel che sia, devo svegliarmi.
Ho una scorta di biscottini alla vaniglia, ne acchiappo un pacchetto. Mangio lentamente, spero di riuscire ad inventarmi qualcosa da fare dopo, prima di aver ingerito l’ultimo. E’ la prima volta in vita mia che gioisco nel vedere la frolla spezzarsi a metà strada tra il bordo della tazza e le mie fauci.
Posso finalmente prendere un cucchiaino e pescare per un po’ a caccia del dolcetto affondato.
Bello eh, ma non è abbastanza. Lavo tutto e torno a letto.
Altra carrellata nell’internet. Afferro un libro, l’ho quasi finito, meglio procrastinare altrimenti rimango anche privo di letture. Converrà andare in città a fare qualche acquisto. Ma quando arriva Godyene? Neanche a farlo apposta la mia amica si palesa alla porta. Ha fatto tardi perché è dovuta andare al mercato in città per fare un po’ di spesa e prendere le medicine per i piccoli. Non vedo Soumaya da una settimana. Il solo sentirla nominare mi stringe il cuore.
Mi chiede se potrò avere pazienza, il pranzo verrà servito tardi. “No guarda, non ti perdonerò mai! Ma certo che ho pazienza, nella vita vera dovrei essere io a fare tutto! Ti pare?” Ride… Nato con la camicia signori miei. Minestrina di porri, patate e carote accompagnate con un bel tozzo di pane fresco. Niente male.
Sono li ad occhi chiusi, mentre con la lingua cerco a tentoni la dolcezza del porro dispersa tra la soave cremosità della patata quando mi squilla il telefono.
Sempre lui! Acerrimo nemico. Non è possibile. Claris? Sarà partita la chiamata per sbaglio.
Rispondo: “E’ un errore o hai davvero bisogno di me?”, niente buongiorno, niente convenevoli, un pasto così delizioso interrotto da uno strumento tecnologico, è INAMMISSIBILE.
Dall’altra parte squillano in coro 14 voci all’unisono: “Buon Gi.. Gio… Giorno Valeryo, come sta la salute?”. Sono le mie ragazze che tentano di comunicare in italiano per lusingarmi… Nel caso qualcuno avesse ancora dubbi la risposta è sì: sono scemo!
“Scusate, non avevo capito foste voi, CIAOOOOO, MA CIAOOOOO, MI MANCATE TUTTE TANTISSIMO!” Voglio sapere se mi sono rimesso. Per fare il gradasso: “MA CERTO, sono guarito al 120%”. Come no, l’altro ieri avevo la flebo con lo svelto per i piatti attaccata e oggi sto al 120%… caccia balle.
Sono felicissime di sapermi in forma. Domenica scorsa avevamo pranzato insieme e oggi tutto il mondo è fermo, chiuso, diviso.
“Sembrate così lontane! Sento la vostra mancanza!” Manco anche a loro. Sono annoiate, vorrebbero uscire, il programma di oggi prevede solo riposo.
Aisha biascica qualcosa. Stanno mangiando il riso con i fagioli… buono! Le lascio pranzare in pace.
Che bella sorpresa. Certo che senza il telefono non sarebbe mica stato facile.
Sono le 15 e mi chiama il Pres (Roberto), lui e sua moglie sembrano in forma, se posso vederli è sempre per merito suo, il dannato cellulare, vizio o comodità?
Sapete cosa? Chiamo i miei.
“Mamma, papà come andiamo? Vendete cara la pelle?”. Poveri, lì piove a dirotto. Non vedo l’ora che mi chiedano del clima locale. 32 gradi fissi e vento fresco…
GODO. Mia madre ha colmato il vuoto affettivo lasciato dal suo pargolo attraverso lo studio della politica contemporanea. Da “bimba di Conte” ora fa il tifo per Draghi. Muoio dentro ma la perdono, pecca di ingenuità. Le distanze si abbattono e non parliamo certo di qualche chilometro.
Ma come sono le 18? Arriva un messaggio di Elia: “oh sono dai Prunen, ti chiamo?”. Controllo quanto mi resta (è buffo ed inquietante constatare che parlo dei mega come se fossi terminale… dipendenza totale), 89 mega, proviamoci. Vivavoce: “WEEEE raga, allora? In forma?” “Oh, tu piuttosto come stai? raccontaci…”
“Scusate mi bussano alla porta vi richiamo!”. Ervè cerca suor Nicole. “Scusa bro qui non c’è”. Richiamo i ragazzi: “no cercavano la suora, ma non è qui!”
“ma come Vale, chi cerca le suore a casa tua?” “noooo, detta così è brutta! Suor Nicole prima del mio arrivo abitava qui, ogni tanto mi bussa gente che la cerca, io li faccio accomodare, chiedo come stanno e poi, quando sono proprio scioccati al massimo, svelo l’arcano e li rimando nella casa giusta! Mi diverto facilmente, lo sapete!”.
I miei amici hanno molte idee brillanti. Vorrebbero che comprassi un cavallo ed una scimmia, al fine di addestrare quest’ultima a prendersi cura del primo di modo da avere sempre il pezzato pronto al galoppo. Suggeriscono di acquistare anche uno di quei fantastici tricicli a motore, vorrebbero che li scarrozzassi un po’ in giro per il canturino, il che, non vi nego, mi piacerebbe tantissimo! Oppure un pick-up perché no? Per caricare i miei schiavi. “No aspetta cosa avete detto?”
“Si scherzaaaa lo sai!”. “BIGOLI! Vi richiamo tra un attimo, bussano!”. È di nuovo Ervé che mi mostra le prime patate dolci raccolte. Sono belle pulite, sane, ancora un po’ piccine, è presto ma le piante stanno rispondendo bene alla semina. Mi complimento con lui, davvero un lavoro ben fatto.
Ricompongo il numero: “Oh ma sta sera per cena cosa fai? Noi ceniamo da Luca, vieni?”. Sono un po’ fuori mano, se mi aspettate magari faccio un salto!”
Mi sembra davvero di essere in mezzo a loro come ai vecchi tempi… balordi, mancano tanto e lo sanno.
Tra l’incudine e il martello, hai nostalgia di chi lasci e ne avrai per chi trovi. L’agrodolce malinconia della vita vagabonda. La rosa e la spina del viaggio.
Per fortuna che c’è il telefon… AAAH, DANNAZIONE!