13 febbraio – San Guido protettore

Alzarmi alle 8 giusto per darmi un tono non è stato difficile. Nessun impegno in programma eccetto una visita al Lamidato di Garoua.

La bombola del gas è vuota, impossibile dunque pensare di bollire l’acqua per un tè o un caffè. Per fortuna ho ancora i miei biscotti digestivi comprati alla stazione di servizio.
La mia rinomata fame da lupo viene domata dalle fibre e dalla frolla. Ore 9, montati sulla nostra “Ferrari”, ci dirigiamo verso il regno del sovrano.
Christian accosta sul bordo della strada. Una donna stende i panni alla nostra destra, due cuccioli di cane si rincorrono e si mordono reciprocamente in una danza giocosa ed allegra.

Ma perché ci siamo fermati? Il mio prode compagno di viaggio ha dato appuntamento a dei suoi conoscenti in questo punto di modo da avviarci insieme verso la maison del Lamidò. Fa caldino, non vogliamo abbassare i finestrini dato che la vettura è stata lustrata poco prima di uscire e la nostra intenzione è quella di tenerla più possibile lontana dalla polvere. Un camion ci passa di fianco a gran velocità sollevando una tempesta di terra. Le ultime
parole famose, la macchina è di nuovo lercia. Nota positiva, ora nulla ci impedisce di abbassare i vetri.

Degli amici del caro energumeno nemmeno l’ombra.
Il mio cappello da pensionato torna utile per muovere un po’ d’aria rinfrescante. La radio racconta dell’ascesa di Mario Draghi al governo. I ministri sembrano essere all’altezza dei compiti, tra loro anche Brunetta… forse è l’asticella delle pretese ad essere poco elevata, mi concedo il beneficio del dubbio.
Cosa mi fa più incazz*re al momento? Apprendere della rovinosa caduta dell’ultima parvenza di democrazia nel mio paese? O forse è non sapere perché diamine io mi trovi qui a pezzare come un cavallo? Magari perché l’elasticità dell’orario africano ha permesso ai nostri misteriosi attesi di ritardare ben oltre gli standard locali! Di sicuro la canicola mattutina gioca la sua parte in questa storia collerica.

Una suzuki Jimny grigia rallenta, sono loro! Accendiamo il ronzino meccanico e ci diamo all’inseguimento. Noi in 2 dentro una 6 posti, loro in 4 in una 2 posti.
Diciamo che gli sta bene dai! Arriviamo davanti all’ingresso della tenuta. Troneggia su uno sfondo celeste il simbolo della casata del re: il muso di un cavallo bianco è posto sopra due scimitarre incociate (simbolo dell’islam) ai cui piedi poggia un corano aperto. Il lamidò non c’è. E’ in giro.

A differenza di quello di Marza, più aperto all’ascolto ma anche molto più autoritario e temibile, quello di Garoua è un uomo tranquillo, lavora alla banca centrale, nel tempo libero fa il re e passeggia per le strade raccogliendo clamori e consensi. Una donna delle due presenti nel nostro nuovo gruppetto lo vuole chiamare.
SI ma come rivolgersi a lui? L’altra signora risponde: “devi chiamarlo sua maestà, è ovvio!”. Non scherza, la cosa è seria.
“Pronto vostra maestà, sono la presidente dell’associazione nazionale delle guide turistiche, la chiamo per la festa…”.
In pratica sono finito all’interno del comitato organizzativo della festa nazionale delle guide turistiche. Quest’anno anziché tenersi a Yaoundé, l’evento si celebra
a Garoua. Peccato che la cerimonia cada il 21, oltre al preavviso mancano anche i soldi per realizzare qualcosa di decente.

Io, Christian e la donna presidente saliamo in auto, gli altri ci seguono in jeep.
E’ una vergogna, dice lei, che lo stato non riconosca alla categoria alcuna gratifica o importanza, il settore è in crescita e le guide sono i rappresentanti del paese agli occhi dei turisti stranieri, vorrà pur dir qualcosa! L’autista è d’accordo. Io, di mio, non faccio altro che pensare: ma dove stiamo andando? Boh!
Un’edificio rosa con le finestre bianche ci si para davanti alla fine della curva, è un bar, ristorante, albergo. La Jimny è parcheggiata proprio davanti all’ingresso.
Scendiamo e ci accomodiamo al tavolo esterno. Ordiniamo dei succhi naturali al limone e allo zenzero, belli ghiacciati, veramente squisiti.
Mescolo entrambi nel bicchiere, calo un paio di sorsi e trovo il coraggio per aprire finalmente la bocca: “Non sono sicuro di aver capito bene, il 21 c’è la festa nazionale delle Guide Turistiche e voi dovete organizzare qualcosa per l’occasione qui a Garoua?”. (Vuoi mica Chen San Guido è il protettore delle guide?)

Ci ho preso in pieno. Cosa ne penso?
“Quanti soldi avete?”, “non ne abbiamo, ci penserà la provvidenza!”. Con tutto il bene, anche quest’ultima a volte ha bisogno di un piccolo aiuto.
Dove si terrà la cerimonia? All’interno della corte del Lamidato. L’obbiettivo è discutere dell’importanza del turismo, della figura della guida con i vari aspetti della professione e sensibilizzare il popolo al tema del viaggio. Mi chiedono se ho capito, sarò il loro ospite d’onore. Ma de che? Scarpe comode, pantaloni leggeri
e magliettina a maniche corte, c’è da camminare. Ma cosa? Quando? Come? Perché? Mentre in testa si affollano diversi quesiti alquanto pertinenti, uno su tutti campeggia in formato gigante scritto al neon e recita così: Valeryo sei davvero così scemo?

Il motivo di questa mia ponderazione deriva dal fatto che, spontaneamente, mentre ero immerso nelle preoccupazioni per cercare di cavar un ragno dal buco, stavo annuendo e dicendo al contempo: “Certo parteciperò con gioia, adoro camminare!”. Ma a cosa parteciperò? Camminare verso dove? Speriamo non me lo chiedano per mettermi alla prova,
non saprei cosa dire. Non male per essere il padrino della festa. Avanti così, mi raccomando!

La presidente tira fuori il computer, ovviamente non serve a nulla, se non a fingere un’atmosfera professionale.
Senza aver concluso una ceppa ci salutiamo, è ora di pranzo.
Pollo al sugo e riso, ormai sto diventando un esperto. Nulla a che vedere con quello di ieri sera, voto 6.5, si difende, niente di speciale.
Christian accende il mezzo e si dirige alla ricerca di una bombola di gas. Finché mancherà a casa non potremo gustare la cucina di Marlise, si tratta di una questione urgente! Il mio amico non fatica a negoziare con un ragazzo fuori da un locale, sarebbe quella per casa sua ma, avendone già una, può venderci questa.
30.000 CFA, una rapina, ma per lo meno ora abbiamo una bella bombola nuova, l’altra faceva pena.
Siamo stravolti. Il pollo mi sale e scende dallo stomaco, temperatura media 40 gradi.

Marlise ci aspetta a casa. Entro in camera e trovo sul tavolino un astuccio e un libro dei canti. Ricordo di aver chiesto alla donna di comprarmi qualcosa di simile ieri pomeriggio, non pensavo potesse svolgere i compiti tanto velocemente.
Presumo che il tutto sia destinato a me, gioisco per la sorpresa e rovisto: un rosario, una sim-card, un vangelo, una collanina… certo che è stata proprio carina a regalarmi tutte queste cose. “Marlise non dovevi, che bello questo rosario!”. E’ il suo. Come ogni altro oggetto trovato nel borsello.
In pratica ho frugato tra le sua roba senza chiedere il permesso: figura di M**** epocale! Chi nasce rotondo… muore idiota.

Chiarito il malinteso la signora ha una sorpresa per me. “Indovina un po’? Succo di limone!”. Ne ho bevuto un litro nemmeno un’ora fa ma chi ha il coraggio di rifiutare davanti alla gioia di un cuore generoso. Bevo tutto senza fiatare. E’ molto aspro, ingollo il liquido fino a svuotare il bicchiere. “Ancora?”. Gentilissima, sono a posto!

Con lei posso parlare di tutto. Il mio braccio destro è andato a trovare i suoi bimbi. Nella grande casa, oltre alla quiete, ci siamo solo noi. Politica, futuro, lavoro, religione, amicizie, amori. Insomma gli argomenti volano di palo in frasca. Lei è una chiacchierona. Non ascolta mai. La tecnica migliore è lasciarla parlare per un po’, ogni 10 minuti guadagno il diritto di interromperla per rispondere, anche riguardo a temi diversi da quelli che stava trattando, lei capisce di
essere andata lunga, annuisce e ascolta attentamente. Il suo passato, la storia della sua bambina, le origini della sua famiglia.

Quando incontro una persona nuova mi piace sempre tracciare un po’ il percorso che ha fatto dall’origine di tutto fino all’istante prima di imbattersi in me.
Deve fare la ricarica al telefono, olè! Esulto perché ciò mi da l’opportunità di riposare la mente e fare un paio di telefonate agli amici lontani.
Alle 18.30 rientra anche il mio compare, si siede con noi, il tema è: il Camerun sogna uno stato federale, pro e contro.
Insomma riuniti attorno al tavolino del salone ci sono eminenti cervelli pronti a discutere dei massimi sistemi, vi lascio immaginare le perle!

Vi prego di perdonarmi se vi risparmio i dettagli politici della diatriba. E’ ora di cena. “Che ne dici, ieri abbiamo mangiato bene al marquise, ti va se ci torniamo?”
Nessuna obiezione, anzi mi sembra geniale. Insalata di avocado e cipolle, riso bianco e una bella omelette, tutto accompagnato da una Isenbeck alla giusta temperatura.
In tv danno un documentario sul Lamidò della zona sud-ovest intento in una danza tribale. Sono i Bamilikè, etnia da cui discende, indovinate un po? Anche la nostra mitica e logorroica Marlise.

Christian mi annuncia che andremo anche da quelle parti. Questo popolo ha l’uso di dissotterrare dopo un certo tempo il cadavere dei defunti per conservarne il teschio. Una tradizione lunga millenni. Sarà bello chiedere gentilmente spiegazione al capoccia del posto! In ogni caso devo ammettere che i crani lucidi e ben conservati hanno il loro fascino, quasi quasi quando torno a Cantù mi informo, magari potrò replicare il rituale, perché no?

Tornati alla nostra non-umile dimora constato con grande gioia la presenza dell’acqua. E’ tempo di lavarsi e coricarsi, bando alle ciance, domani ho la sveglia alle 6.30.

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