26 gennaio – Venuto dal futuro

Tra una balla e l’altra mi sono coricato alle 2.

Sono le 7, ho dormito 5 ore, NON CE LA POSSO FARE! Sento già le voci dall’Italia di tutti gli amici gridare: WE, BELLA VITA!

Dai ho appuntamento con Sophie in ufficio, mi sono impegnato per avere un minimo di programma da seguire.
Finisco il riso con i fagioli e mi dirigo verso l’edificio. Chiuso.

Mi siedo sullo scalino davanti all’ingresso e nello stesso istante ricevo un messaggio. E’ Sophie, si trova in città, rimandiamo l’incontro, appena rientra mi scrive. Che colpa ne ho se il mondo mi vuole pigro e riposato? Non posso certo costringerla a tornare indietro. La pazienza è la virtù dei forti d’altra parte, vorrà dire che aspetterò serenamente un suo segnale.

Torno a casa e mi metto a ricopiare sul pc i dati raccolti ieri con Claris. Quanto meno ho il buon senso e il pudore per portarmi avanti con la stesura dei dati.

Arriva Godyene. Ora che ci penso, anche lei è una donna emancipata e libera. Potrei farle qualche domanda, per capire magari da dove sia nata la sua esigenza di seguire un percorso differente rispetto alla stragrande maggioranza delle sue coetanee. Godyene mi spiega moltissime cose: le sue origini congolesi mi danno poi l’opportunità di fare delle comparazioni con il Camerun. La condizione femminile varia da tribù a tribù, la componente etnica degli “Mbum” (ammesso che si scriva così) per constatare l’effettiva maturità sessuale dei figli, ad esempio, protraeva in passato una pratica abbastanza suggestiva.

La prole viene fatta accoppiare con i genitori, la femmina con il padre, il maschio con la madre. Questo per testare se effettivamente i giovani fossero fisicamente pronti alla vita matrimoniale. La preservazione della specie, nei secoli, ha portato questa minoranza tribale ad assicurarsi bene che dall’unione dei discendenti nascessero nuovi membri della comunità.

Mentre tranquillamente mi racconta di questi incesti primordiali la mia faccia assume le sembianze di un Picasso. Non fiato. Non voglio sembrare il classico bianco moralista incapace di avvicinarsi a mondi tanto lontani. Prendo fiato e me ne esco molto pacificamente con un: “ah… certo, è chiaro… vado un attimo in bagno a vomitare eh, aspè!” (l’ultima parte l’ho solo pensata, lo ammetto). Ad ogni modo è peculiare come dinamiche completamente differenti condizionino la vita del genere femminile di regione in regione e di tribù in tribù.

Ha il suo fascino scoprire che a distanza di decine di secoli, il popolo africano, nella sua orgogliosa fierezza, malgrado un passato costellato da invasioni, colonizzazioni, guerre intestine e massacri, sia riuscito a mantenere e a tramandare le proprie origini pregne di usi, costumi, dialetti e rituali. Ridiamo tanto delle stregonerie, delle pratiche di medicina tradizionale e della semplicità, appigliandoci alle nostre certezze scientifiche, ma a volte, forse, pecchiamo di presunzione.

Qui non c’è perfezione, le cose devono essere utili, le spiegazioni contano poco. Un bambino affetto da colera o da malaria quaggiù viene immerso in una tinozza colma di infuso d’artemisia, gli si applica uno straccio sul capo e si ripete questa terapia per qualche giorno. Nessuno ride e nessuno studia le ragioni scientifiche dei risultati. Tutti constatano che i piccoli, anche grazie a questo trattamento, migliorano e guariscono.

Per saperne di più sul Servizio Civile Universale – SCU – clicca quì!

I colonizzatori hanno insegnato ai popoli invasi “come stare al mondo“, sottovalutando l’enorme valore del rapporto pacifico di comune convivenza che questi avevano instaurato con la natura circostante. L’occidente ha importato la sua prospettiva ostile stando alla quale (mera illusione) deve essere l’uomo a dominare gli elementi e non viceversa. La cosa più curiosa, che ho sempre trovato divertente, è il pulpito da cui questi signori si sono sentiti in diritto di impartire lezioni. Gli inglesi su tutti mi danno da pensare. Hanno due rubinetti diversi da cui far scorrere l’acqua calda e fredda, non sanno cosa sia un bidet, non si esprimono mai sinceramente eppure hanno avuto la profonda convinzione di poter spiegare a qualcuno, magari mossi da compassionevole altruismo, il concetto (abbastanza contraddittorio) di CIVILTA‘.

Bravi loro! Chissà cosa sarebbe successo se, davanti a qualche scena di incesto tribale, anziché far scorrere fiumi di sangue, si fossero limitati a pensarla diversamente andando per la loro strada.

Godyene mi suggerisce di far conoscere nuove prospettive alle mie adorate fanciulline, magari portandole in gita all’Università di Ngaoundérè per confrontarsi con gli studenti che frequentano i corsi. E’ una grande idea ma sarebbe più economico portare gli universitari al centro, per quanto mi piacerebbe farle scorrazzare un po’ in città, il bus costa caro.

Anche l’organizzazione di incontri di formazione e dialogo con figure di donne “anomale” in quanto libere, potrebbe essere un buon modo per piantare un’idea nella loro mente con la speranza che attecchisca. Le generazioni future, nel tempo, muteranno la loro visione. Così come avvenne per la poligamia ancor oggi diffusa, ma nettamente ridotta, accadrà anche per i matrimoni combinati o quelli precoci. In Congo ad esempio la maggiore età si raggiunge ai 18 anni, è dunque reato sposare una ragazzina di 13. Nelle tribù camerunensi dei Mbororo o dei Pelle (giuro, non so se abbia scritto correttamente) è invece ancora oggi la prassi, pur essendo stata fissata la maggiore età legale a 21 anni, alle donne è consentito prendere marito molto prima.

Passando alla violenza domestica, la mia amica mi spiega che la questione è trattata in modo molto blando (solo argomenti allegri oggi!)
Una donna in difficoltà con il marito può rivolgersi alla famiglia di lui, in prima battuta, successivamente, se questo non fosse sufficiente, potrebbe appellarsi alla propria o, in termine ultimo, potrebbe sperare nell’intercessione del prete della propria congregazione, nel tentativo di accordare una mediazione. L’onore, il senso del pudore (smarrito completamente in occidente d’altro canto), non consentono alla donna di rivolgersi alla polizia, la quale, per altro, non sarebbe probabilmente di grande aiuto.

Ho saputo di donne che nel denunciare soprusi hanno ricevuto avances in questura. Non che in Europa sia tanto meglio eh!
Ah le “forze dell’ordine”! Che bugia meravigliosa per certi versi. Non ho mai capito come la presenza di un uomo bardato in divisa con un mitra in mano possa farmi sentire al sicuro. Eppure in piazza Duomo pare siano necessari, è per il nostro bene!

Detto ciò vado a giocare con Soumaya, finalmente spendo del tempo seriamente! Temo di aver fatto un danno in campo sociologico. Ogni volta che vedo la mia piccola amica urlo vari diminutivi (ebbene sì sono uno di quei dementi che fa le vocine ai bambini). Su tutti Soumaya ha iniziato a ripetere: “pasticcino”. Diffondendosi il verbo metà dei bambini del centro, sentendo Susu parlare così, hanno cominciato ad andare in giro gridando “pasticcino” ai quattro venti! Ops!

Mangio con grande serenità. Di Sophie ancora neanche l’ombra, anche l’acqua latita. Mi rilasso perdendomi negli appunti di francese. Ho promesso a Jojo che sarei stato preparato, non intendo deluderlo. Il mio mentore arriva puntuale. Penso di essere andato bene sul serio e quindi, in uno slancio di sicurezza, ricordandomi l’invito a casa promessomi dopo la messa di domenica, maliziosamente gli chiedo di portare i suoi saluti ai piccoli e alla moglie.

“Ah, già dimenticavo, magari domenica pomeriggio se Suor Nicole è d’accordo vieni a trovarci a casa ti va?”. Musica per le mie orecchie. Inizio ad avere degli amici in città, accetto senza esitare!
E’ quasi l’ora del tramonto quando, affacciatomi in veranda, individuo la smilza figura del grande Manassè. Ha finalmente un po’ di tempo libero, lo costringo a gonfiare il pallone. Il fratellino di Marcelin (che chiamo così perché con vergogna ammetto di essermi dimenticato il nome) si appropinqua.

Nessuno di noi è forte con la palla, fissiamo degli obiettivi: vale usare mani e piedi ma la sfera non deve toccare terra. Primo gradino da raggiungere sono 100 palleggi di fila, dopodiché si passa al livello successivo, solo piedi. Siamo delle schiappe tremende. Siamo talmente scarsi che Moses, vedendoci, trova il coraggio di unirsi a noi. Non ama giocare poiché non se la cava granché bene, ma dato il livello, non ha nulla da nascondere. Per poco non facevo finire il pallone nel pozzo con il rischio di causare una tragedia umanitaria, spostiamoci un po’ più in là, meglio!

Arriva Michael, palleggi raggiunti 48. Come record giornaliero è sufficiente. Mancano pochi giorni alla luna piena, ma anche così fa il suo effetto, Ci sediamo tutti e quattro sui gradini delle scale adiacenti alla stanzetta di Moses.

Stasera do buca alle ragazze e mi fermo con le quote blu a parlare un po’. Li ho trascurati fino adesso e voglio rimediare. A Michael piacerebbe vedere la Germania, Manassè invece sogna il Giappone.

Ho amici che vivono in entrambi i posti e quindi posso raccontare loro quello che ho appreso dalle mie fonti. Della Crucconia ho visitato anche qualche posto, posso apportare una testimonianza diretta, la regione del sol levante, invece manca anche a me, che sia la scusa buona per progettare una zingarata nipponica con il mitico Manassè? Ne jamais dire jamais!
E’ ora di cena, si sono divertiti molto e vorrebbero rifarlo. Sfondano una porta aperta. Pronti per le prossime spacconate maschili: dobbiamo arrivare almeno a 200 palleggi senza mani entro la fine del mio servizio civile! Uomini avvisati, mezzi salvati!


Rientro alla maison, ho giusto una ciotolina di papaya fresca da finire, mi chiama Riccardo.
Alt! Digressione necessaria.
Dovete sapere che, prima di partire, nell’indecisione più totale causata tra l’altro dalla pandemia di Covid 19, questo ganzo fiorentino (compagno di formazione) mi telefonò consigliandomi di buttarmi nell’avventura, dando l’estremo saluto al mio divano. Se ho trovato da codardo il coraggio di salire su un aereo per Yaoundè lo devo un po’ anche al suo discorso motivazionale. L’accento fiorentino ha voluto la sua parte, mi spezza dal ridere.

Lui presta servizio in Tanzania, lì sono un’ora avanti e, al momento, dalle loro parti si sta scatenando la potente stagione delle piogge. Quest’ultima si paleserà in Camerun non prima della fine di Marzo. Pare davvero che chiami da un’altra dimensione. Ha comprato una capra, l’ha pagata 6 euro. Era indeciso, il pollo puzza, il cane si affeziona e causa una separazione dolorosa, la capra è tranquilla e, male che vada, si ammazza alla fine per fare la festa. Colto dai sensi di colpa scopre le carte e mi dice che non è tanto per la quale riguardo a quest’ultima ipotesi, meglio regalarla a qualcuno e lasciare che il grande cerchio della vita faccia il suo corso. Non gli credo.

Mi dice che oggi ha terminato la costruzione della casetta in legno per la capretta. Costata più dell’animale stesso. Occhei dai, gli credo, non la accoppa. Gli mancano le fiorentine, in termini di bistecche, quanto a donne, quelle africane suscitano in lui il fascino del diverso.
Non ci sentivamo da prima della mia partenza e restiamo dell’idea di tenerci aggiornati durante questo percorso. Lui va per il 4 mese, io sono a neanche metà del secondo. Detta così sembra che dobbiamo organizzare un baby shower insieme!

Mi correggo, lui è al 4 mese di servizio, io nemmeno a metà del secondo, va meglio adesso? Speriamo!
Riccardo è proprio avanti, letteralmente, avere un apri fila infonde un certo senso di sicurezza, per noi codardi poi, è una gioia che non vi dico!

it_ITItaliano